Il ventuno marzo ricorre la Giornata della Poesia e delle Foreste e cade nel periodo dell’anno in cui la luce, che dal mese di dicembre tende sempre ad aumentare, ci invade e ci disorienta, come spesso fanno anche le emozioni. Isabella Morra, nella prima parte del Cinquecento, ci tramanda la sua vicenda umana attraverso la poesia, a testimonianza di un destino di dolore e prigionia. Nella sua breve vita l’affetto filiale è una delle forze che la spingono a resistere, un sentimento che le sue ‘Rime’ a noi giunte rispecchiano in un fluire di parole di acuta disperazione. Poesie piene di sdegno per la sua esistenza, che prima del suo assassinio, fu spesa rinchiusa e in attesa del ritorno del padre, mentre intorno a lei i parenti e i fratelli seminavano morte e distruzione. La poetessa scrive: “D'un alto monte onde si scorge il mare / miro sovente io, tua figlia Isabella, / s'alcun legno spalmato in quello appare, / che di te, padre, a me doni favella...”.
In Sardegna, dedicato al premio Nobel, Grazia Deledda, il Parco letterario nello splendido territorio della valle del Cedrino, a Galtellì, è incentrato su una figura di scrittrice che descrive la sua terra attraverso parole di poesia e di magica sapienza come si può leggere nel suo incipit di “Racconti sardi – Macchiette”: “Albeggia. Sul cielo azzurro cinereo d'una dolcezza triste e profonda, curvato sull'immenso paesaggio silenzioso, passano sfiorando larghi meandri di un rosa pallidissimo, via via sfumanti nell'orizzonte ancora oscuro. Grandi vallate basse, ondeggianti, uniformi, s'inseguono sin dove arriva lo sguardo, chiazzate d'ombra, selvagge e deserte. Non un casolare, un albero, una greggia, una via”. Grazia Deledda disegna la sua terra, ritraendola con forme e colori, la descrive in maniera vivida e autentica, ce la consegna intatta.
I luoghi che, in Liguria, ricordano Eugenio Montale sono altrettanto forti, immersi nel paesaggio dei terrazzamenti scoscesi delle Cinque Terre che digradano, a scalinate, verso il mare, paesaggio che porta il segno tangibile della fatica e della passione dell’uomo, in un paesaggio testimone della caparbietà di voler strappare risorse a questa terra verticale che si tuffa dritto nel mare, nella sua montaliana ‘aria di vetro’.
Diversi sono i paesaggi che riguardano i mondi nati dalla scrittura di Giacomo Leopardi, scrittura a suo dire composta da “situazioni, affezioni, avventure storiche del suo animo”. Questo paesaggio emotivo è contenuto nelle sue descrizioni di paesaggi intensi e tersi come quelli descritti nei primi versi del ‘Canto notturno di un pastore errante dell’Asia’: “Che fai tu, luna, in ciel? dimmi, che fai, / Silenziosa luna? / Sorgi la sera, e vai, / Contemplando i deserti; indi ti posi. / Ancor non sei tu paga / Di riandare i sempiterni calli? / Ancor non prendi a schivo, ancor sei vaga / Di mirar queste valli? / Somiglia alla tua vita / La vita del pastore”.
I Parchi letterari sono uniti fra loro, oltre che dal tema dell’ispirazione e della straordinaria bellezza dei luoghi cari a scrittori e scrittrici, poeti, poetesse anche da uno dei sentimenti più profondi che l’essere umano conosca: la passione, sentimento capace di farci proseguire oltre le nostre stesse forze, e che come l’ispirazione e la poesia ha la caratteristica di mostrarci la via, per quanto impervia da cui non deviare.
Ginevra Sanfelice Lilli
Riproduzione riservata © Copyright I Parchi Letterari