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Pellegrini, viandanti e viaggiatori a Monte Mario

20 Maggio 2021
Pellegrini, viandanti e viaggiatori a Monte Mario
Mons gaudii, monte della gioia, esclamavano i pellegrini in cammino sulla via Francigena quando arrivavano in cima al Monte e scorgevano la basilica di San Pietro. Monte Mario fu anche cammino privilegiato di scrittori, botanici e musicisti


di   Foto: Cristina Norante Cristina Norante

e   Foto: Ennio Di Risio Ennio De Risio


Oggi è molto facile smarrire il piacere di passeggiare sulla collina di Monte Mario anche se si costeggiano riserve naturali con panorami mozzafiato. Ci si dimentica della bellezza che ci circonda, troppo condizionati dal traffico e non si riconoscono i sentieri di una volta, quelli percorsi dai pellegrini e dai viaggiatori di secoli passati. 

 Mons gaudii, monte della gioia, esclamavano i pellegrini in cammino sulla via Francigena quando arrivavano in cima al Monte e scorgevano la basilica di San Pietro. Monte Mario fu anche cammino privilegiato di scrittori, botanici e musicisti nei secoli successivi e angolo prediletto dai Romani per allegre scampagnate domenicali. Le fotografie d’antan ritraggono comitive sedute sull’erba all’ombra dei pini munite di cestini e pranzi al sacco. Altre immortalano l’allegria dei gitanti nelle tante osterie disseminate lungo la via Trionfale.

E adesso cosa è rimasto di questa atmosfera defilata, tranquilla, silenziosa e serena? L’affollamento delle tante costruzioni sorte senza ordine negli anni della speculazione edilizia ha allontanato i gitanti della domenica e ha cancellato le caratteristiche di una zona un tempo celebrata per la salubrità dell’aria, la forte presenza del verde e la solidarietà che aveva unito i pionieri.

Eppure rimangono, sia nella parte alta che nella parte bassa del Monte, sentieri nel verde e tracce di quello che fu il cammino dei pellegrini e di quelli che erano stati i luoghi scelti dai grandi artisti, dai mecenati di una volta per riposare, meditare e trarre nuova ispirazione. 

 I PELLEGRINI 
Perché l’antico Clivus Cinnae, o Mons Vaticanus, nel Medioevo fu chiamato Mons Gaudii

La Via Francigena (registrata dall’Anonimo Magliabechiano come Strada Francisca), detta anche Via Romea, nel Medioevo era percorsa per antica devozione dai pellegrini che da tutta Europa si recavano all’ambita e sofferta meta: Roma

L’ultimo tratto della via coincideva, e coincide tuttora, con la via Trionfale, che alla Giustiniana si stacca dalla Cassia, attraversa Monte Mario, si affaccia sulla città e raggiunge la tomba di Pietro restando al di qua del fiume Tevere. Era preferita perciò alla Cassia, che nell’ultimo tratto era a volte allagata dalle piene del fiume, ma anche per un altro motivo: la tradizione diceva che il 28 ottobre del 312 d.C., quando Costantino sconfisse Massenzio nella battaglia di Saxa Rubra, su Monte Mario era apparsa una croce con la scritta “In hoc signo vinces”, e in seguito a ciò lungo la via Trionfale erano state erette numerose edicole sacre con immagini del crocifisso. 

 Secoli dopo, nel 1350, nel punto più alto, dove si apre la vista sulla basilica di S.Pietro, sorse l’Oratorio della Santa Croce, demolito nel 1883: nel più antico dei Casali Mellini è rimasta solo parte della sacrestia. 

 E’ questo il luogo più importante di Monte Mario dal punto di vista storico-religioso perché era proprio nei pressi di questa chiesetta che i pellegrini, dopo aver superato le difficoltà del lungo e disagevole percorso, si fermavano per rendere grazie e, scorgendo la basilica di S. Pietro, intonavano l’inno “O Roma nobilis, Orbis es domina”. 

Ai viandanti contemporanei, che percorrono a piedi la Via Francigena, è possibile ancora oggi rivivere questa emozione imboccando Viale del Parco Mellini e, percorse poche decine di metri, varcare il cancello di ingresso alla Riserva Naturale di Monte Mario, affacciandosi sulla città. 

L’Associazione Amici di Monte Mario dal 2005 organizza ogni anno una passeggiata rievocativa della Via Francigena; giunti in questo punto panoramico i partecipanti possono ascoltare l’antico inno dei pellegrini, intonato dalla Corale Nova Armonia

 Da qui la vista può spaziare, fino al Monte Soratte, come scriveva Marziale totam licet aestimare Romam”: anche se il panorama è mutato e in sottofondo giunge l’eco del traffico urbano, è ugualmente spettacolare e ci restituisce lo sguardo degli antichi sulla città. Ripreso il cammino verso la Porta Angelica, c’è ancora un luogo suggestivo che da secoli attende i viandanti alle falde di Monte Mario: la chiesa di San Lazzaro dei Lebbrosi o “Extra pomerium”: piccola, con facciata a capanna e minimo campanile a vela, era l’ultima sosta: eppure qui si fermavano i cortei degli imperatori che arrivavano per farsi incoronare, attendendo l’arrivo dei messi pontifici. 

 I GRANDI VIAGGIATORI 
Un itinerario che ha stupito e ispirato anche i grandi viaggiatori è proprio la Villa Mellini costruita da Mario Mellini, umanista del ‘400 vissuto sotto Sisto IV. Attualmente la Villa è sede dell'Istituto Nazionale di Astrofisica, dell’annesso Museo Copernicano e Osservatorio Astronomico. Costruita in una eccezionale posizione panoramica, domina il quartiere Prati e la città. La caratteristica morfologica della collina, con ripidi pendii di non facile accesso, ha permesso alla collina di mantenere sostanzialmente il suo aspetto originario. Non si conosce l’aspetto originario della villa quattrocentesca, voluta da Mario Mellini, cancelliere perpetuo del Comune. 

 Alla morte dell’ultima erede della casata la villa passò alla famiglia Falconieri. Fra gli illustri ospiti il pittore Jacob Philipp Hackert (1737-1807) che dipinse per papa Pio VI una pregevole veduta di Roma da Monte Mario. Fu quindi luogo privilegiato di camminate e ispirazioni per molti viaggiatori stranieri. Cosa cercavano e cosa trovano camminando a Monte Mario? 

Il grande poeta Wolfgang Goethe immortalò il monte in ricercati disegni e, con la sua grande passione di botanico e entomologo, il 2 dicembre 1786 così lo descriveva nel suo Viaggio in Italia: “Si risvegliano all’improvviso le mie speculazioni botaniche in cui mi sono immerso anche il giorno seguente nelle mie passeggiate a Monte Mario, a Villa Mellini e a Villa Madama. E’ molto interessante notare come prosperi qui una vegetazione vivacemente rigorosa e non interrotta mai da un freddo eccessivo. Qui non vi sono gemme e tuttavia si impara a capire cosa sia una gemma. Il corbezzolo (arbutus unedo) fiorisce di nuovo quando gli ultimi frutti stanno ancora maturando e così l’arancio si mostra con fiori e frutti quasi maturi. (Ma questi ultimi, se non si trovano riparati dagli edifici, vengono coperti)”. E ancora sui cipressi : “… C’è molto da riflettere sui cipressi, alberi notevolissimi, specie se si tratta di esemplari molto vecchi e ben sviluppati …” 

Più tardi, dopo la Rivoluzione Francese, la pittrice Elisabeth Vigee Lebrun, ritrattista preferita della regina Maria Antonietta, sulla collina di Monte Mario aveva cercato la pace tentando di dimenticare il terrore della rivoluzione. Le piacevano le gite sul monte dove, con il pranzo nel cesto che consisteva di solito in un pollo, raggiungeva la fattoria in cima al colle per comperare anche le uova fresche. Così dai suoi “Souvenirs” (1789 -1792) : “Quella volta celeste di un azzurro intenso, quell’aria talmente pura, quella completa solitudine, tutto mi risolleva l’anima; e rivolgevo al cielo preghiere per la Francia e per i miei amici, e Dio sa quale spregio provavo in quel momento per le bassezze del mondo; infatti come disse un poeta “l’anima assume l’altezza dei cieli che la circondano”. 

 A tutt’altre ore, nella notte appena illuminata dalla luna, saliva sul monte René de Chateaubriand che con tono lirico e appassionato così lo raccontava nel suo “Voyage en Italie” (1804) : “Ieri ho vagato al chiaro di luna nella campagna fra la Porta Angelica e Monte Mario. Si udiva un usignolo in una stretta valletta circondata di canne. Soltanto là ho ritrovato quella tristezza melodiosa di cui parlano gli antichi poeti a proposito dell’uccello di primavera… esso cantava a mezza voce…Quest’inno d’amore era veramente suggestivo in quel luogo e a quell’ora…” 

Ma la vera pace l’ottenne il grande musicista Franz Listz quando, all’indomani della delusione per non aver potuto sposare Carolina Sayn Wittgenstein e del grande dolore per la scomparsa di sua figlia Blandine, trovò rifugio nella Chiesa della Madonna del Rosario in cima alla salita di Monte Mario. Lì visse i suoi tre “annees de recuillement”, dal 1863 al 1866. Nelle lettere così descrive la pace faticosamente raggiunta : “L’estate è trascorsa placidamente ed io sono stato poco a passeggio, ma sono rimasto al lavoro quasi assiduamente. La mia abitazione mi piace sempre di più, cosicchè passerò qui anche l’inverno. Ha ricevuto con la mia ultima lettera la fotografia della “Madonna del Rosario”? Purtroppo non posso inviarle insieme ad essa la vista, grandiosa e veramente sublime, che si gode da tutte le finestre. Potrà vedere solo con l’immaginazione l’intera Roma, la meravigliosa “campagna” e tutte le magnificenze passate e presenti”. In un’altra lettera descrive ancora più efficacemente il suo stato : “Lasciatemi tranquillo, lasciatemi sognare, fiducioso e sicuro sotto la protezione della Madonna del Rosario che mi concede questa cella.”

E noi chiediamo ai lettori adesso di immaginare, nonostante i tanti cambiamenti della modernità, anche il celebre pino di Monte Mario che ispirò il sonetto di W. Wordsworth intitolato The pine of Monte Mario at Rome. Solo e isolato sulla cresta di Monte Mario, nei pressi della Villa Mellini, svettava un gigantesco pino secolare, visibile da gran parte della città e immortalato da numerosi artisti in disegni ed acquerelli. Il pittore mecenate Sir George Howland Beaumont nel 1822, colpito dalla sua bellezza, e avendo appreso che i proprietari erano intenzionati a tagliarlo, decise di “adottarlo” versando una somma ai proprietari affinché non lo abbattessero e se ne prendessero cura. Nel 1837 il poeta inglese William Wordsworth, commosso dal gesto del mecenate suo connazionale, gli dedicò il sonetto:

 «Vidi lontano l'oscura cima di un pino
 apparire come una nuvola e librarsi un delicato stelo il legame
che univa alla terra nativa e librarsi
alto sull' orizzonte fra le tinte della sera
che lottavano pacifiche per brillare l’una più vicina dell’altra.
Ma quando appresi che l’albero viveva lassù,
Strappato alla sordida scure per l’impegno di Beaumont,
Oh quale impeto di tenerezza mi invase!
 Il pino salvato, col suo cielo così splendente
E la sua bellezza simile a quella di una nube,
Soffuso di pensieri della mia terra,
Di amici rimpianti, e di giorni troppo rapidamente trascorsi,
Soppiantò l’intera maestà di Roma
(allora per la prima volta apparsami dall’altura del Pincio)
Coronata dall’immortale cupola di San Pietro.» 

Quel pino visse fino al 1910, quando fu abbattuto da una tempesta di vento 



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immagine di copertina:  Associazione Amici di Monte Mario, Il profilo di Monte Mario visto dal Vittoriano - Foto Gio. Mantovani.

L’Associazione «Amici di Monte Mario», fondata da Luigi Pallottino nel 1969, persegue finalità di promozione sociale, civica e culturale nell’ambito del territorio di Monte Mario. L’Associazione è un’organizzazione non lucrativa di utilità sociale (ONLUS) ed agisce con il contributo economico ed operativo dei suoi soci.
Pubblica il giornale gratuito "Monte Mario", giunto al n. 286 di aprile 2021.


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