Una delle più grandi conquiste dell’umanità è stata la consapevolezza di essere tutt’uno con l’Universo. Tralasciando le profonde implicazioni filosofiche di questa affermazione, è da questa consapevolezza che possiamo affermare che l'umanità compie viaggi interstellari da moltissimo tempo, da quando è nato l’Universo.
Siamo polvere di stelle, sembra una metafora poetica ma è la Fisica che ci conferma che la materia di cui siamo fatti è stata sintetizzata nel processo evolutivo delle stelle. Stelle di grande massa, superiore a circa dieci volte il nostro sole, terminano la loro evoluzione con potenti esplosioni che rilasciano nello spazio interstellare gli elementi chimici su cui poggia la nostra esistenza, come ad esempio il carbonio, l’ossigeno e l’azoto. Estendendo questo concetto ad una visione, ora forse sì, un po’ poetica, possiamo dire che, essendo parte integrante dell’Universo, viaggiamo costantemente attraverso i suoi spazi sconfinati tramite le osservazioni celesti, come aveva già intuito Platone “l’astronomia costringe l’anima a guardare oltre e ci conduce da un mondo all’altro”. Se il racconto del viaggio è infatti l’essenza del viaggio stesso, quando scrutiamo il cielo, è come se viaggiassimo tramite l’ascolto di racconti cosmici da cui apprendiamo l’esistenza di mondi lontani e sconosciuti. I racconti ci vengono narrati da particolari “messaggeri” dell’Universo che hanno il compito di trasportare e diffondere informazioni codificate nelle loro proprietà fisiche.
Un esempio di questi messaggeri sono i fotoni, particelle prive di massa che compongono quello che chiamiamo luce, e che da milioni di anni l’uomo osserva provenire dal cosmo nelle notti stellate.
E’ tramite lo studio delle proprietà di queste particelle, intercettate ed analizzate attraverso l’utilizzo di potenti telescopi, che siamo in grado di ricostruire la storia del loro viaggio e di raccogliere informazioni sui luoghi da cui provengono, come ad esempio altri sistemi solari o lontane galassie. I fotoni sono come viaggiatori a cui piace parlare e soffermarsi e durante il loro tragitto interagiscono spesso con i luoghi che attraversano. I loro incontri lungo il percorso, come il passaggio attraverso ammassi di gas intergalattico o nubi molecolari, ci permettono di tracciare delle vere e proprie mappe di strutture come regioni di formazione stellare, sistemi planetari, galassie e ammassi di galassie che compongono l’Universo, proprio come si compilavano una volta le cartine geografiche sulla base dei racconti dei grandi esploratori.
Esiste, oltre ai fotoni, un altro tipo di messaggero: i neutrini. Rispetto ai fotoni, i neutrini sono viaggiatori dal carattere più introverso, restii a fermarsi e ad interagire lungo il loro viaggio, ma per questa ragione custodi affidabili dei segreti più nascosti dei loro luoghi d’origine. E’ tramite le osservazioni dei neutrini ad esempio che possiamo comprendere i complicatissimi processi evolutivi che avvengono nel cuore delle stelle o i meccanismi fisici che conducono all’emissione di getti di materia ad altissima temperatura e velocità dal centro di alcuni tipi di stelle o di galassie. Ma la natura introversa dei neutrini fa sì che anche per poter ascoltare i loro racconti bisogna avere molta pazienza e saper aspettare: i neutrini infatti sfuggono spesso agli apparati che l’uomo ha costruito per poterli osservare e occorre molto tempo per riuscire a ricostruire i racconti dei loro viaggi.
E’ una notizia recente la scoperta di un nuovo tipo di messaggeri dell’Universo che si aggiungono ai fotoni ed ai neutrini: si tratta delle onde gravitazionali. Predette circa un secolo fa dalla teoria della Relatività Generale di Albert Einstein [1], per lunghissimo tempo si è cercato di avere una prova della loro esistenza, ma senza successo. Come per i neutrini, anche le onde gravitazionali sono viaggiatori molto timidi e lasciano delle impronte così leggere sugli apparati di rivelazione che occorrono sensibilità elevatissime per poterle registrare. Grazie ai recenti sviluppi tecnologici nel campo dell’interferometria, nel settembre del 2015 per la prima volta sono state inequivocabilmente osservate le onde gravitazionali [2] ed il loro racconto è stato sorprendente. A generarle è stato il vorticoso spiraleggiare di due buchi neri che, come in una danza folle e distruttiva, li ha annientati uno sull’altro, generando un nuovo buco nero. Il tessuto dello spazio-tempo reagisce a questi eventi spettacolari come una immensa distesa di acqua improvvisamente perturbata dal movimento di una mano: sono le onde gravitazionali sollecitate dal moto spiraleggiante dei due buchi neri che si propagano attraverso il cosmo e che arrivando fino a noi permettendoci di conoscere realtà intraviste solo attraverso le formule di complesse teorie della Fisica.
“I viaggiatori possono prolungarsi in memoria, in ricordo, in narrazione” [José Saramago]. Il viaggio quindi diventa imprescindibile dal racconto del viaggio stesso, ed il racconto diventa vera e propria esplorazione di nuovi mondi. Molti scienziati illustri hanno contribuito a queste esplorazioni con geniali intuizioni sia nel campo dell’astrofisica teorica che osservativa. Le loro città e luoghi di origine spesso si vantano di aver ospitato queste menti eccelse ma a volte la loro fama viene sommersa dalla storia, con i suoi costanti progressi e cambiamenti. Poter estendere la realtà dei parchi letterari nell’ambito della scienza ed in particolare dell’astrofisica sarebbe un potente strumento che non solo darebbe giusto riconoscimento ai grandi astrofisici della storia ma permetterebbe a questi luoghi di diventare centri di conoscenza e divulgazione degli affascinanti racconti che l’Universo quotidianamente ci narra.
Bibliografia
[1] A. Einstein, Annalen Der Physik, IV Folge, 49, 1916, “Die Grundlage der allgemeinen Relativitätstheorie”
[2] B. P. Abbott et al., Physical Review Letters, 116, 061102, 2016, “Observation of Gravitational Waves from a Binary Black Hole Merger”
Immagini
Immagine di Copertina
Il segnale di onde gravitazionali proveniente da un sistema binario di due
buchi neri e rivelato per la prima volta nel settembre 2015 [2]
Crediti: LIGO, NSF, Aurore Simonnet
Il
potente telescopio dello European Southern Observatory (ESO), il Very Large
Telescope, a Paranal (Cile)
Crediti: Y. Beletsky
(LCO)/ESO
Bio sketch