Strano stabilire un giorno, allo stesso modo di una festa nazionale o religiosa, per celebrare i libri. Oh mamma mia ho pensato, come se l'amore e il rispetto per i libri potessero essere esaltati solo durante un giorno solare!
Recentemente, mentre chiacchieravo telefonicamente con il mio
caro amico Stanislao de Marsanich, presidente dei Parchi Letterari, lui ha
accennato che la Giornata Mondiale del Libro, che si tiene ogni anno il 23
aprile, si avvicinava e mi ha chiesto se fossi interessata a scrivere un
articolo. Certo, ho risposto subito.
Devo confessare che non sapevo nulla dell'esistenza di questa
Giornata. Ho scoperto poi grazie a Google che la Giornata mondiale del libro è
stata istituita dall'Organizzazione delle Nazioni Unite per l'educazione, la
scienza e la cultura (UNESCO) nel 1995 per promuovere annualmente la lettura,
la pubblicazione e il copyright.
Strano stabilire un giorno, allo stesso modo di una festa
nazionale o religiosa, per celebrare i libri. Oh mamma mia ho pensato, come se
l'amore e il rispetto per i libri potessero essere esaltati solo durante un
giorno solare! Francamente, questo mi sembra assolutamente privo di senso.
Perché? Beh, perché come sa fin troppo bene chiunque sia innamorato dei libri,
questi non abitano il nostro mondo per un giorno ma occupano la nostra vita
OGNI giorno.
Sono seduta qua desiderando di poter chiamare il professor
Harold Bloom, il grande critico letterario, a New Haven e chiedergli cosa
pensasse della Giornata mondiale del libro. Sono sicura che, dall’altro capo
della linea, mi avrebbe fatto qualche osservazione beffarda che mi avrebbe
fatto ridere.
Cito Bloom non per sembrare colta e nemmeno per vantarmi di aver
intrattenuto con lui numerose conversazioni sulle sue opere e su quelle che
amava, quelle che lui considerava parte integrante del "Canone
occidentale", ma per parlare di Libri in occasione della Giornata,
partendo da una sua riflessione che mi ripeteva sempre: “Non faccio distinzioni
tra letteratura sacra e profana”.
I racconti biblici, diceva Bloom, ci informano della assurdità
della condizione umana allo stesso modo delle opere di grandi autori della
storia come William Shakespeare, Dante Alighieri e Franz Kafka.
Nel giudaismo, il rispetto per i Libri, in particolare quelli
religiosi, è insito nella legge ebraica; un testo sacro non deve mai giacere
per terra e come ho imparato da bambina un venerdì sera in sinagoga quando il
mio Siddur (libro di preghiere) è caduto a terra, quando i miei mi hanno detto
di raccoglierlo rapidamente e di dargli un bacio.
Da quel giorno, ho dato un bacetto a qualsiasi libro che sia
caduto. Un giorno mia madre mi vide dare un bacio a un libro per bambini che
era caduto.
"Perché hai baciato quel libro"?
"L'ho lasciato cadere sul pavimento, quindi devo", ho
risposto.
"No, non è così", mi disse.
“Ma mamma” - ho insistito - “mi hai detto che quando un libro
cade per terra devo baciarlo”.
"Non tutti i libri come non tutti gli uomini meritano di
essere baciati", disse ridendo mentre usciva dalla stanza.
Ricordando, ora rido dell'analogia di mia madre. Tuttavia, la
correlazione tra i libri, che mi piacevano, e i ragazzi, che all'epoca pensavo
fossero stupidi, mi lasciò completamente sconcertata.
In ogni caso da allora ho istintivamente trattato i libri con
cura e rispetto. Che mondo sarebbe se ci insegnassero a maneggiare tutti i
libri con amorevole cura?
In tal caso avremmo bisogno della Giornata mondiale del libro?
Ma forse sì giusto per ricordare alla gente di uscire per
comprare libri in questo giorno, proprio come si ricorda agli innamorati di
corteggiare la pupilla dei loro occhi con cioccolatini e fiori a San Valentino.
Scuoto la testa e chiedo: al giorno d'oggi c’è qualcosa che è immune dalla
commercializzazione? Ho nostalgia dei giorni della mia infanzia, quando i libri
erano facilmente accessibili a costo zero presso la biblioteca locale e
quest'ultima veniva regolarmente frequentata. Nell’epoca di Internet, i
genitori, mi chiedo, portano ancora i loro figli nelle biblioteche o queste
sono diventati edifici aridi?
Quando ero giovane quelle numerose visite alla biblioteca, così
come le lezioni della scuola ebraica ogni domenica, hanno rafforzato il mio
amore per i libri.
In estate mia madre mi lasciava spesso in biblioteca mentre lei andava
a fare commissioni in città, mi piaceva sfogliare gli infiniti scaffali di
libri e salire e scendere le scale per raggiungere quelli più in alto nella
sezione bambini, e mi piaceva molto partecipare al programma di lettura estivo
dedicato ai giovani della comunità; in giugno, a tutti i bambini della città
veniva consegnato un piccolo quaderno bianco con quadrati numerati e su cui
veniva apposto un timbro alla restituzione di ogni libro letto; i bambini che
avevano completato il quaderno
ricevevano in premio un certificato e un buono di 10 dollari da spendere
nella libreria locale.
Apprezzavo la sfida e divoravo ogni libro su cui potevo mettere
le mani. Indovinate chi vinceva la sfida ogni anno? Hehe!
Ricordando quelle letture ricordo di aver amato quelli di Roald
Dahl (francamente, "Charlie e la fabbrica di cioccolato" è molto
meglio in forma di libro che visto sul grande schermo), Judy Blume e Lewis
Carroll (mi diletto ancora oggi a rileggere "Le avventure di Alice nel
paese delle meraviglie”).
Alla scuola ebraica mi sono confrontata con testi religiosi e
con le loro storie avvincenti. I personaggi della Bibbia erano sempre alle
prese con dilemmi, tradimenti, faide familiari (la storia di Giuseppe e dei
suoi fratelli mi fa venire i brividi ancora oggi) e cattivi come Haman nel
Libro di Ester; abbondavano gli enigmi e le infinite domande. E poi c'erano
tutti quei commenti rabbinici. Hanno scritto e meditato su tutto, compresi i
libri, le biblioteche e la scrittura. Ad esempio, le osservazioni poetiche del
rabbino Yehudah ibn Tibbon: "Fa dei libri i tuoi compagni; lascia che le
biblioteche siano i tuoi giardini: crogiolati nella loro bellezza, raccogli i
loro frutti, cogli le loro rose, prendi i loro aromi e la loro mirra. E quando
la tua anima è stanca, vai da un giardino all'altro, e da una prospettiva
all'altra". Similmente Rabbi Yehudah HaLevi ha scritto: "La mia penna
è la mia arpa e la mia lira, la mia biblioteca è il mio giardino e frutteto".
E poi c'era il mio preferito Maimonides, il famoso filosofo ebreo polemico:
"Non considerarla una prova solo perché è scritta nei libri, perché un
bugiardo che ti ingannerà con la sua lingua non esiterà a fare lo stesso con la
sua penna". L’insegnamento di queste parole: sii critico, pensa, ragiona, verifica i fatti.
Recentemente, leggendo un articolo su Israele e sui suoi
successi, ho visto citato il seguente celebre aforisma ebraico: “Non disturbare
il ragazzo che studia neppure per ricostruire il Tempio di Gerusalemme”. Ho
usato abilmente quest'ultimo a mio vantaggio a casa. Mi spiego meglio: da
bambina mi venivano assegnate varie faccende: passare l'aspirapolvere sui
tappeti e spazzare il garage, aiutare in giardino in estate, rastrellare le
foglie in autunno e spalare la neve in inverno. Tuttavia, potevo manipolare i
miei genitori e evitare quasi tutto ciò finché avevo un libro in mano. Mia
madre ovviamente protestava ma quando mio padre era nei paraggi le diceva in
tedesco: "Lass sei sein, sie liest" [Lasciala stare, sta leggendo].
Già, stavo leggendo per non essere disturbata!
Scoprii più tardi che la cosa funzionava anche al liceo. Potevo
tenere a distanza i miei coetanei, la maggior parte dei quali trovavo
terribilmente noiosi, semplicemente concentrandomi su un libro. Funzionava
anche con gli insegnanti: nessuno osava interrompermi mentre leggevo
intensamente qualche libro invece di ascoltare le loro lezioni. Il mio
insegnante di algebra, il professor Horn, che un giorno mi sorprese a leggere
"Lo straniero" di Albert Camus invece di fare i noiosi esercizi in
classe che aveva scarabocchiato sulla lavagna, non mi rimproverò né mi confiscò
il libro. Anzi iniziò da quel giorno in poi a darmi libri sulla filosofia
greca, l’esistenzialismo e la metafisica. Quell'anno non ho imparato molto
algebra, è vero, ma sono stata
presentata a una miriade di autori a me sconosciuti.
Durante l'università sono tornata alla filosofia e in
particolare al defunto filosofo ebreo tedesco Leo Strauss, il cui nome veniva
citato incessantemente da un mio zio e dai suoi amici che come dicevano avevano
avuto “l'onore di studiare con lui all'Università di Chicago”. Ho trovato
affascinante Strauss perché, come Bloom che non faceva distinzione tra
letteratura sacra e profana, è arrivato a una conclusione simile nei confronti
del rapporto fra filosofia e religione.
Strauss scriveva: "Nessuno può essere sia filosofo che
teologo [...] Ma ognuno di noi può essere e dovrebbe essere l'uno o l'altro, il
filosofo aperto alla sfida della teologia o il teologo aperto alla sfida della
filosofia". Come mi ha spiegato un altro ex studente di Strauss Werner
Dannhauser davanti a un Martini al Café Paradiso di Gerusalemme nel 2006:
"Atene non è rigidamente razionale e Gerusalemme non è rigidamente
irrazionale".
Sto scrivendo questo pezzo durante la Pandemia e sebbene possa
suonare come una strana maledizione divina, devo dire che anche in questo
periodo i Libri di filosofia, i
romanzi e testi biblici mi hanno fatto compagnia.
Oggi come sempre alla fine i libri ci aiutano a dare un senso
non solo al mondo, ma anche a noi stessi.
E in questo gioco chiamato vita, cantiamo e balliamo mentre
cerchiamo illuminazione, conoscenza, comprensione, conforto e, soprattutto,
amore in tutte le sue sfumature: spirituale, romantica, platonica e familiare.
Va bene va bene, ritiro le mie battute fatte per scherzo sulla
Giornata mondiale del libro. Promuoviamola e lodiamola perché i libri sono
strumenti indispensabili al nostro viaggio su questa terra.
Buona Giornata del Libro a tutti!
Amy K. Rosenthal
In copertina la Biblioteca di Sheboygan, WI (USA)
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