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Gli scenari

Il mio paese aveva una posizione bellissima, a mezzogiorno, in un clima temperato, castagnoso, fresco d’estate, non troppo freddo d’inverno. Due catene di poggi gli si partono ai lati, lasciandolo solo nel mezzo, si allargano a vu davanti a lui, vanno a perdersi ondulati lontano e aprono al paese un bel panorama: tre città (Pistoia, Prato  e Firenze), una pianura seminata di case, nel fondo una  corona d’altri poggi famosa (Il Mugello, il Casentino, il Pratomagno, i Monti del Chianti e il Montalbano) e su, in alto, un cielo quasi sempre sereno di giorno e stellato di notte: a dritta e a manca  scorrono ripidi due fiumiciattoli, pacifici solitamente, ma che indicano chiaramente di che panni si vestono all'occorrenza...

Non vi è descrizione più appropriata del paese di Castello di Cireglio di quella che Policarpo Petrocchi ha fatto nell’incipit de Il mio paese, il suo romanzo mai concluso.

Una posizione, dunque, incantevole, panoramica, di media collina, laddove il clima consente ancora l’estrema coltivazione dell’olivo, che poi lascia il posto a fitti boschi di castagni, carpini, robinie e cerri.

Qua e là qualche castagneto da frutto d’alberi secolari ancora ben tenuti, ricorda una vocazione antica che ha permesso alla gente della montagna di sopravvivere pur fra stenti e sacrifici. È stata la civiltà del castagno, le cui tracce sono ancora presenti nelle frequenti roste, nelle piazze carbonaie e in ciò che resta dei metati, che servivano per seccare le castagne prima di avviarle ai molini e ricavarne la preziosa farina dolce.

I campi terrazzati sono ciò che resta di un’agricoltura povera che sfruttava ogni lembo di terra per poter sfamare uomini e animali.

Un fitto reticolo di vie storiche, di tratturi, di stradelli consente, a sud, l’accesso alla grande piana e, a nord, conduce ai passi appenninici, verso la Garfagnana, verso il Modenese e  in direzione  della pianura bolognese, tutti percorsi che  sono stati toccati dalla ‘Grande Storia’ antica e recente.

Insomma una terra di confine, tutta da esplorare e da scoprire, una perla di quella montagna non griffata e quasi dimenticata che ha pur  rappresentato tanta parte della nostra cultura e delle nostre tradizioni nazionali.

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