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I nani di Castagnaio

I nani di Castagnaio

Il contributo di Luciana Casini a commento dell’opera pittorica presentata a Bibbiena da Laura Tredici in occasione della Mostra “Pennelli e colori a Carnevale” e ispirata a un episodio tratto dalla novella di Emma Perodi “I Nani di Castagnaio"

21 Marzo 2024
“Bene, bene! - esclamarono i Ballerini. - Vieni qui, Pietro. 
Pietro si avvicinò tutto gongolante. Essi lo sollevarono da terra, come avevan sollevato Bernardo, lo fecero rimbalzare di mano in mano fino alla fine della catena, e quando cadde in terra aveva fra le due spalle una gobba grossa come un cocomero.
Il sarto non si chiamava più Pietro il Balbuziente, ma era per di più il Gobbo balbuziente.
Egli tornò a Castagnaio più svergognato di un can rognoso, e appena si seppe in paese quello che gli era accaduto, non ci fu più chi lo volesse vedere. Tutte le vecchie andavano a casa sua con una ciabatta in mano, col pretesto di chiedere un tizzo di fuoco, e appena vedevano Pietro, gliela picchiavano sulla gobba.” 

Come lettrice UNIEL, il 10 Febbraio scorso ho avuto il piacere di leggere un brano a commento dell’opera pittorica presentata dall’artista Laura Tredici e ispirata a un episodio tratto dalla novella di Emma Perodi “I Nani di Castagnaio”.

Lo scenario… quello accuratamente preparato dalle Professoresse Alberta Piroci Branciaroli e Piera Biondi Giannini nel Salone delle Feste del Comune, in occasione della Conferenza di inaugurazione della Mostra “Pennelli e colori a Carnevale” allestita nell’ambito delle iniziative rievocative, appunto, del Carnevale storico di Bibbiena. 

La variegata e cospicua rappresentanza di opere in mostra non si adattava, in quella sede, all’approfondimento di alcuni aspetti messi in risalto dalla precisa scelta della pittrice , ovvero quella di fermare sulla tela proprio il momento in cui i Nani Ballerini puniscono beffardamente, coinvolgendolo nel ritmo ossessivo del loro ballo sfrenato, il malcapitato Pietro, sollevandolo in aria e lasciandolo ricadere a terra, alla fine della catena, dotato di una gobba “grossa come un cocomero”. 

Il “notturno” di Laura Tredici ha fissato la scena , in particolare la “vittima”, al centro di un sapiente gioco di luce lunare dall’alto e, dal basso, quella sprigionata dalle fiamme di un falò che sembra riecheggiare un diabolico sabba al fosco chiarore del plenilunio, motivo ricorrente nella narrazione medioevale riferita alle streghe. Come non ricordare quindi il giudizio espresso dallo studioso di Letteratura per l’Infanzia Antonio Faeti, che ha definito le novelle della Perodi un “Romanzo nero d’ambiente appenninico”? 

Gli alberi stessi sembrano partecipare di questa atmosfera cupa, con i tronchi disarmonici e i rami protesi a incorniciare, anch’essi, la punizione inflitta all’avido ma incapace sarto. La luce quindi non è, in questo caso, un elemento rassicurante ma inquietante, complice l’oscurità che circonda l’al di là della scena e i richiami al diabolico. Questa stessa luce spettrale ci consente di individuare, proprio al centro della tela, un particolare interessante che rimanda ad altri aspetti della critica perodiana: l’avido e balbuziente Pietro possiede una folta capigliatura rossa!

In effetti, la realizzazione pittorica volutamente “infantile”, perché di Letteratura per l’Infanzia trattano i critici, non deve trarre in inganno, in quanto gli elementi di riflessione che sembra suggerire sono molteplici: la stessa “messa in luce” del colore rosso dei capelli rimanda a quelli che lo studioso Angelo Nobile definisce i “pregiudizi” perodiani riferiti alla stigmatizzazione e conseguente persecuzione di vari fulvi personaggi. La mancata accettazione familiare e sociale, fino alla persecuzione, beffarda o meno, senza speranza di redenzione, secondo Nobile riguarderebbe infatti tutti i “diversi” , vale a dire tutti coloro che si discostano dalla rassicurante “normalità”, siano essi disabili, deformi, brutti o, perfino, orfani! Lo studioso denuncia inoltre un’insistenza, quasi lombrosiana, del binomio bruttezza/malvagità.

Unica eccezione al pregiudizio sulla deformità i gobbi, spesso raffigurati come persone intelligenti e argute: sarà un caso che il “cristiano liberatore” dei Nani dall’incantesimo si rivelerà proprio Bernardo, un gobbo reale che, per ricompensa, verrà ringiovanito, “rimbellito” , arricchito e … liberato dalle due gobbe?

Ma perché, allora, punire il “rosso” Pietro, balbuziente e per di più avido e invidioso, con la crescita di una grossa gobba sulle spalle? Forse un messaggio criptico delle diaboliche creaturine che lo avrebbero voluto dotare, insieme alla gobba, di quella tipica intelligenza arguta, sollecitandolo quindi, ormai divenuto consapevole, al pentimento e al ravvedimento?

Quest’ipotesi “etica” non intende sottovalutare il richiamo di Nobile a studiare le Novelle in un’ottica pedagogica che preveda il filtro di “menti adulte” per evitare ricadute negative sulla personalità dei giovani lettori , sulla quale potrebbero altrimenti far presa i “pregiudizi” perodiani non solo sui “diversi”, ma anche su “matrigne”, donne “lettrici” e aspiranti “migranti”, tuttavia permette di stemperarne il giudizio.

Pietro, dal sortilegio trasformato a sua volta in gobbo, non potrebbe trarre dal dolore, dall’umiliazione e dalla riprovazione sociale ( simbolo concreto di quest’ultima la “ciabatta” delle vecchie, che non perdevano occasione di picchiargliela sulla schiena) un impulso al ravvedimento, tanto che la trasformazione da “fisica” potrebbe diventare, alla fine, anche “morale”? Non per niente nella Perodi i gobbi, spesso, oltre che intelligenti, arguti e creativi possono essere anche onesti, come il buon bifolco Bernardo.

Oppure, più semplicemente, possiamo ipotizzare una punizione del “cattivo”, con o senza successivo ravvedimento, comunque con funzione educativa in quanto meritata sanzione della colpa.

Un altro aspetto pregiudiziale, quello della presunta “misoginia” perodiana, potrebbe venire attenuato dalla riflessione sul ruolo risolutore rivestito nella novella dalla moglie del buon Bernardo: sarà lei, infatti, dotata di un’ intensa religiosità (rilevata proprio da Nobile come tipica di un “ancestrale mondo contadino”), a benedire con la “rugiada santa del Signore” quelli che sembravano beffardi sacchetti di erbe secche donati dai Nani e destinati alla purificazione tra le fiamme, permettendone quindi la trasformazione miracolosa in gioielli e monete.

“I Nani di Castagnaio” potrebbero inoltre costituire un’eccezione anche rispetto alle preoccupazioni della studiosa Colin, la quale rileva sì nelle Novelle una “forte intenzionalità pedagogica” finalizzata però al “conservatorismo sociale” e alla “trasmissione dei valori allora dominanti”. Un’eccezione perché rispetto alla paura dello spopolamento delle campagne e al sottinteso invito al mantenimento dello “status quo” in un ‘ottica quasi verghiana, il lieto fine con il trasferimento di Bernardo da Castagnaio a Firenze si prefigura come una ricompensa alle sue doti di onestà e perseveranza.

L’intento educativo funzionale a valori universali sembrerebbe avvalorato anche dall’intervento della studiosa Viviana Agostini Ouafi la quale, proprio sulle pagine di questa Rivista, a proposito della Novella in questione ci sollecitò a riflettere sul processo di alfabetizzazione che, nell’Italia post-unitaria, stava facendo accedere le masse popolari al “sapere scritto”. La presenza della nonna Regina narratrice all’interno della cornice romanzesca testimonierebbe la volontà della Perodi di “con-fondere” deliberatamente il racconto orale con quello scritto, creando un rapporto ideale tra “voce” e “libro”, valorizzando così sia il soggetto narrante che il canto popolare. La studiosa individua quindi come unica chiave interpretativa possibile de “I Nani di Castagnaio” quella “polifonica” , poiché rivelerebbe in modo esemplare la stretta relazione esistente tra l’ Oralità della tradizione popolare delle novelle e la Scrittura, intesa come Letteratura.

Ci permettiamo quindi di concludere questa serie di suggerimenti interpretativi dissentendo umilmente dall’affermazione dello studioso Faeti secondo il quale le Novelle della Perodi non insegnerebbero niente. Immaginiamo che anche Nonna Regina, sempre attenta al benessere dei propri cari e prodiga di consigli affettuosi, non sarebbe d’accordo … e noi con lei!

Luciana Casini 

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