"Era la parola sorretta dalla memoria che suppliva agli scritti"
Era la parola sorretta dalla memoria che suppliva agli scritti, non solo nella trasmissione delle testimonianze e della cultura delle comunità montane, ma in altre circostanze, quali le contestazioni, le liti, la perpetuazione delle usanze civili e religiose. (“A piedi nudi”)
… campeggia, quasi a voler essere personaggio e imporre una sua presenza, la selvaggia e quasi mitica Valle del Fiume Grande dei nostri predecessori di cinque e più secoli or sono, la Val Grande partigiana e martire, in quel periodo testimone di episodi abbietti e di eventi esaltanti, di avvenimenti tanto drammatici da rasentare l’irrealtà, da sembrare incredibili. (“Val Grande partigiana e dintorni”)
Un Parco Letterario
Sabato 24 ottobre 2020, con le firme dei Presidenti della Rete dei Parchi Letterari, del Parco Nazionale ValGrande e della Casa della Resistenza, si è costituito il Parco Letterario Nino Chiovini che, ventiseiesimo in Italia e primo nel territorio piemontese, viene dedicato al “partigiano, storico e scrittore verbanese, figura chiave della ricerca etno-antropologica, storico-geografica, socio-economica della Val Grande e del suo territorio, nonché scrittore dalla riconosciuta valenza letteraria”.
Riprendo, rielaborandolo ed ampliandolo, l’intervento che a nome della Casa della Resistenza ho preparato per l’occasione. Pochi giorni prima una caduta fatale in montagna ci aveva privato di Erminio Ferrari che della cifra umana e letteraria di Nino Chiovini è stato il più coerente interprete e prosecutore, per cui è stato spontaneo, nel mio come in molti degli altri contributi, accostare le due figure.
Tutta la storia è storia locale
Un filo diretto di continuità, come persona e come scrittore, lega Erminio Ferrari – di recente tragicamente scomparso – con Nino Chiovini; in particolare aveva introdotto nel 2002 le riedizioni di due opere di Chiovini: Mal di Valgrande (la precedente era del 1991) e Valgrande partigiana e dintorni che risaliva al 1980.
Nella prefazione di quest’ultima Erminio Ferrari, dopo aver sottolineato il nesso fra il lavoro di Chiovini e quello di Nuto Revelli , citato in epigrafe al saggio introduttivo del volume (Guerriglia nel mondo dei vinti), e diClaudio Pavone , l’autore di Una guerra civile, aggiungeva:
Revelli-Chiovini-Pavone: non siamo qui, s’intende, a stabilire gerarchie di valori tra le opere né, all’opposto, a illuminare di luce riflessa (quella del professore) lo storico di periferia; il parallelo serve, casomai, a rilevare come, pur da una collocazione defilata, il fare storia di Nino Chiovini fosse nel solco della più seria e accorta ricerca.
Perché è questo che conta: non esiste storia locale. Di “locale” possono esservi semmai il valore di una “storia”, o le capacità, le fortune, di un autore; mentre, come hanno dimostrato storici superlativi del nostro tempo, anche di uno sputo di terra si può narrare una storia che parla al mondo. In questo senso si è anche detto, ribaltando la prospettiva, che tutta la storia è storia locale; e allora sì siamo d’accordo. Ed è certo che quella di Nino Chiovini lo era con questo significato...
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