Da Sa Spendula al Monte Linas. Con Giuseppe Dessì e Gabriele d'Annunzio un viaggio tra borghi, miniere e sentieri del Parco Letterario Giuseppe Dessì nel Parco Geominerario, storico, ambientale della Sardegna.
Luoghi e Storie
del Parco Letterario Giuseppe Dessì
Sa Spendula
Giuseppe Dessì dalla sua casa di Villacidro oggi sede della Fondazione Dessì, non poteva ammirare la cima della seconda montagna sarda, il Linas, ma ne narra nei suoi romanzi, compreso Paese d’Ombre. L’importante vetta sarda sovrasta tutta l’area del Parco, dove lo scrittore villacidrese ha calato le sue opere. Il maestoso edificio geologico presso la sua Villacidro, sulla dorsale orientale, ci ha reso un’opera di suggestivo fascino, Sa Spendula. Semplicemente la cascata, decantata da Gabriele d’Annunzio, nel sonetto scritto il 17 maggio 1882, in occasione di una sua visita a Villacidro:
Dense di celidonie e di spineti
le rocce mi si drizzano davanti
come uno strano popolo d’atleti
pietrificato per virtù d’incanti.
Sotto fremono al vento ampi i mirteti
selvaggi e li oleandri fluttuanti
verde plebe di nani; giù pei greti
van l’acque della Spendula croscianti.
Sopra, il ciel grigio, eguale. A l’umidore
della pioggia un’acredine d’effluvi
aspra esalano i timi e le mortelle.
Ne la conca verdissima il pastore,
come fauno di bronzo, erto sul càlcare
guarda immobile, avvolto in una pelle.
Così il Dessì, nel suo romanzo Un pezzo di Luna, sulla cascata scriveva:
... Se tocco l’acqua della Spendula, so di che cosa è fatta quell’acqua, se prendo in mano un sasso ho del sasso una conoscenza che arriva fino alla molecola, all’atomo.
Certamente il Dessì conosceva bene quella pietra, parte dell’ossatura geologica principale della Sardegna., scavata nei millenni dall’acqua delle sue montagne.
Il massiccio è costituito prevalentemente da scisti e graniti del Paleozoico, detta anche Era Primaria, formatosi tra 542 e 252 Ma.
Pare la roccia di Sa Spendula, si sia formata intorno ai 290 Ma ed è geologicamente riconducibile al periodo Permiano Inferiore.
Il monumento naturale, alimentato dal rio Coxinas, nasce da una punta del Linas meglio nota come Punta di Santu Miali. Manifesta la sua bellezza presso l’abitato di Villacidro ed è composto da tre salti che raggiungono l’altezza di 60 m. L’ultimo è quello più rappresentativo, con i suoi 25 m.
Monte Linas
Il Linas consta di ben sette cime. La più alta, che raggiunge i 1.236 m, viene chiamata punta Perda Sa Mesa. A seguire sono, punta Cammedda, 1214 m; punta Sa Cabixetta, 1202 m; punta Acqua Zinnigas, 1136 m; monte Lisone, 1082 m; punta Santu Miali, 1062 m e punta Magusu, 1023. La morfologia spazia fra la presenza granitica, con forme aspre e profonde scavate dalle acque che scorrono lungo i canali ai fianchi della montagna verso valle, e quella più morbida, costituita dagli scisti che troviamo sulla parte più elevata, come il toponimo della cima ci ricorda: punta Perda Sa Mesa (pietra del tavolo), chiaro riferimento agli scisti di superficie liscia e piana. Tra le forme aspre che le acque hanno scavato, troviamo altre tre cascate: Riu Linas, Muru Mannu e Piscina Irgas, sul versante villacidrese.
In questo lungo cammino formativo, che ha contribuito con i suoi dilavamenti a colmare la sottostante pianura del Campidano, non sono mancate le aree di formazione mineraria che si sono irradiate nei territori dei comuni di Villacidro, Gonnosfanadiga, Guspini, Arbus, Fluminimaggiore e Buggerru.
Il mio primo ricordo del monte Linas è dato da un soggiorno montano, proprio presso una di queste miniere, in regione Sibiri sul versante occidentale. Da ragazzo partecipai a uno spartano campeggio organizzato da un giovane e dinamico sacerdote, don Michele, che nel 1957 a Guspini, fondò il primo oratorio maschile dell'isola. L'amena località conduce al complesso minerario, già da allora abbandonato, noto come Fenugu Subiri. La concessione mineraria del 1876 venne data a un ingegnere francese Emile Jacob e al sig. Vittorio Baron.
Il suo sfruttamento per il piombo, l'argento e lo zinco, non ebbe successo, pare per gli scarsi investimenti. Nel 1935 l'ultimo concessionario, la società francese Malfidano che deteneva anche le miniere di Buggerru, rinunciò allo sfruttamento. Ci furono altri tentativi di sfruttamento, ma non andarono a buon fine.
Il campeggio era costituito da tende e da un vecchio rudere che ospitava la zona notte, con letti a castello, telaio di ferro e telo di sacco per rete. Nello splendido scenario di boschi e ripide cascatelle del rio Fenugu Sibiri che fiancheggiava il nostro insediamento, venne eretta (non saprei se da minatori che passavano da li), una piccola edicola che custodiva la statua della Madonna, luogo di preghiera e di raccoglimento.
La seconda volta che ebbi a che fare con l'imponente montagna del Linas, fu negli anni del mio insegnamento nella scuola media di Gonnosfanadiga, comune nel quale ricade buona parte della montagna, quando con il mio collega e amico Vincenzo, eravamo soliti condurre la nostra 3° C, sulla cima. Per diversi anni mantenemmo il rito, con grande apprensione ogni volta, ma con piena fiducia dei genitori. Furono giornate indimenticabili: si uni a noi l'altro collega e amico Salvatore.
Con i nostri mezzi portavamo gli alunni, come prima tappa, in un pianoro denominato Togoro, a quota 800 m, anch'esso luogo di ricerche minerarie. Lasciato l'abitato di Gonnosfanadiga, dopo alcuni chilometri di strada asfaltata, uno sterrato saliva sino a raggiungere una serie di ripidi tornanti, chiamati Is pesadas de Cesa, ultimo tratto sino al pianoro detto di Togoro. L'ardua salita metteva a dura prova la frizione e le gomme delle auto spesso venivano tagliuzzate dagli abbondanti frammenti di scisto lungo la strada. Lasciate le auto, grazie alla sapiente guida di Vincenzo, ci si muoveva in fila indiana lungo il sentiero che ci permetteva di raggiungere la quota di 1000 m, dove veniva eretto un punto di sosta. Già da quell'alta posizione si poteva osservare la piana del Campidano, sino al Gennargentu. Protetti da un residuo bosco, costituito da vecchie querce, sopravvivenza di un querceto molto più vasto, sostava chi non si sentiva di raggiungere la cima e stava con l'insegnate di turno a preparare la colazione. Il resto del gruppo saliva attraverso un nudo, soleggiato e arduo sentiero, sino in cima. L'ambito traguardo montano, era da tutti salutato con grande gioia e immenso stupore per il vasto paesaggio che si apriva al nostro cospetto. Nelle limpide giornate era possibile scorgere Capo Caccia ad Alghero, la montagna del Gennargentu, la Giara di Gesturi e la vasta piana del Campidano, verso nord. A est, Cagliari e la sua inconfondibile Sella del Diavolo, mentre a sud-ovest era il mare di Sardegna, le dorate dune di Piscinas e le isole: di Sant'Antioco e San Pietro. Immersi in un irreale silenzio, non ci si stancava di godere di quell'affascinante paesaggio che si spiegava ai nostri piedi, a trecento sessanta gradi. Un’emozione, ogni volta.
Tarcisio Agus
Vedi anche :
parcogeominerario.sardegna.it
www.fondazionedessi.it
In foto:
Foresta del Campidano
Monte Linas
I ragazzi del campeggio a Subiri con don Michele
Sa Spendula