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Divagazioni su Parchi e Premi letterari

19 Febbraio 2024
Divagazioni su Parchi e Premi letterari
Un excursus in bilico tra cronaca, storia e aneddotica, che, per breve che sia, non impedirà qualche utile riflessione su Premi, Parchi e sulla letteratura in generale

Premessa 
Alcuni credono, erroneamente, che i Premi Letterari abbiano un’origine recente e rappresentino un fenomeno della storia letteraria moderna, legato perlopiù alle iniziative promozionali delle grandi case editrici. O magari dettato dall’esigenza di pubblicizzare alcuni luoghi, per dare loro maggiore visibilità ed incrementarne il turismo culturale. Essi, invece, vantano una lunga e nobile tradizione, che avvalora il ruolo importante avuto nel corso della storia in numerose comunità, a iniziare dalle antiche poleis greche, tra le quali si distinse in modo particolare Atene.
C’è, però, rispetto al passato un elemento distintivo dei premi letterari di oggi, che merita di essere sottolineato e consiste nel fatto che, purtroppo, nel nostro tempo è via via prevalso l’aspetto utilitaristico a danno di quello estetico. In altre parole nella maggior parte dei Premi, anche i più rinomati, la logica commerciale “è entrata in modo prepotente, facendo sì che del valore letterario delle opere quasi non parlino più nemmeno coloro che tali opere dovrebbero giudicarle proprio e soltanto tenendo conto della qualità”. (i)
Tutto ciò, comunque, non può inficiare il ruolo positivo che nel loro complesso i premi letterari hanno esercitato e continuano ad avere nella diffusione della cultura, favorendo l’approccio verso il mondo della letteratura. Si può convenire, perciò, con Giorgio Barberi Squarotti, il quale attribuisce ai concorsi letterari «la stessa funzione che un tempo avevano le corti e i mecenati» (ii) e ritiene non a torto che svolgano una funzione importante nella crescita culturale e civile della comunità nazionale.
Ciò detto, diamo avvio a un excursus in bilico tra cronaca, storia e aneddotica, che, per breve che sia, non impedirà qualche utile riflessione su Premi, Parchi e sulla letteratura in generale. 

Premi letterari nell’antichità 
Nell’antica Grecia gli agoni letterari, e con essi i Premi, assunsero una notevole importanza fin dal VI secolo a.C., quando nell’ambito delle feste religiose grande spazio e notevole rilievo furono dati alle gare poetiche, che si svolgevano con la rappresentazione di opere teatrali, cui si attribuiva una fondamentale funzione politica, sociale e pedagogica. Ad Atene, la polis di maggiore acculturazione di massa e culla della democrazia, che orgogliosamente fu definita dal grande storico Tucidide «luce dell’Ellade», (iii) il teatro era considerato un pilastro dell’ordinato funzionamento delle pubbliche istituzioni. Non a caso si sosteneva che l’Ecclesìa, cioè l’Assemblea Popolare, l’Eliea, ossia il tribunale popolare, e il teatro costituivano le «tre sedi della parola» (iv), che consentivano agli ateniesi una partecipazione attiva e consapevole alla vita della comunità.
Non meraviglia, perciò, che fin dal 535 a. C., sotto Pisistrato, siano documentate pubbliche rappresentazioni di tragedie sovvenzionate dallo Stato, che nel tempo vennero sistematicamente inserite nel contesto delle grandi feste dionisiache. A queste feste partecipavano tre tragediografi, ciascuno con tre tragedie e un dramma satiresco, e cinque commediografi con una commedia ciascuno: in pratica ad ogni manifestazione erano rappresentate nove tragedie, oltre a tre drammi satireschi e cinque commedie.

Per comprendere meglio la dimensione del fenomeno, Luciano Canfora ci ricorda che ad Atene, nel corso di ottant’anni, dal 484, anno della prima vittoria di Eschilo, al 404, anno della resa della città dopo la lunga guerra peloponnesiaca contro Sparta, furono messe in scena 720 tragedie oltre a 240 drammi satireschi per un totale di 960 rappresentazioni teatrali. Se si considera che queste erano una esigua parte delle opere selezionate dall’arconte eponimo tra le numerosissime presentate al concorso, non si può non cogliere la eccezionale rilevanza degli agoni letterari, certamente non inferiore a quella delle celebri competizioni sportive, fra le quali primeggiavano le Olimpiadi. (v)
Si consideri, inoltre, che le gare teatrali in occasione delle grandi dionisiache e di altre feste religiose ebbero una notevole diffusione anche in altri centri della Grecia e della Magna Grecia, come attesta la sopravvivenza di splendidi teatri quali quello di Epidauro, di Taormina, di Siracusa, dove alla fine delle rappresentazioni gli autori e gli attori protagonisti, proclamati vincitori da una commissione di dieci cittadini sorteggiati dall’arconte, erano premiati con una corona di edera.
Più rilevante, poi, è il fatto che alla fine della gara l’arconte si preoccupava di far redigere un documento ufficiale, in cui erano riportati i nomi dei poeti e i titoli delle opere e che tali resoconti, detti didascalie nel significato originario di “rappresentazioni”, erano fatti incidere nel marmo e così conservati a futura memoria. Ciò costituisce un’ulteriore prova che in particolare la tragedia, «una delle più grandi creazioni del genio ellenico» (vi), era giudicata unanimemente un potente strumento di elevazione morale e spirituale individuale e collettivo.

Nell’antica Roma, poi, si affermò il fenomeno del mecenatismo, sia privato sia pubblico, che, come è noto, prese il nome dal potente ministro di Augusto. In quegli anni dell’ultimo secolo dell’era pagana, giustamente considerati l’età aurea di quella storia letteraria, nacquero opere monumentali e si affermarono autori importanti, primi fra tutti Virgilio ed Orazio, “i dioscuri” della poesia latina. Non stupisce, perciò, che quest’ultimo abbia esaltato l’arte poetica, sottolineandone la funzione etica ed estetica già nel primo celeberrimo componimento dei Carmina: «Me doctarum hederae praemia frontium / dis miscent superis…». E non sorprende che nella stessa ode abbia auspicato di essere annoverato fra i grandi poeti lirici e di ottenere l’incoronazione poetica, per sentirsi veramente appagato: «Quod si me lyricis vatibus inseres, / sublimi feriam sidera vertice». (viii)

 Dopo il lungo periodo dei secoli bui dell’Alto Medioevo, in cui era caduta in disuso, la tradizione dell’investitura di poeti e letterati da parte delle autorità ufficiali riemerge nel Trecento. Basti ricordare l’incoronazione del Petrarca, che nel 1341 in Campidoglio riceve la corona d’alloro per i suoi grandi meriti poetici dalle mani del re di Napoli Roberto d’Angiò. Lo stesso riconoscimento qualche secolo più tardi toccò a Torquato Tasso, che, però, ebbe la sfortuna di concludere la sua infelice esistenza poco prima di ricevere l’incoronazione poetica, che gli era stata promessa dal potente papa spagnolo Alessandro VI Borgia. 

Premi letterari in età moderna e contemporanea
Facendo ora un salto di circa tre secoli, è il caso di ricordare che nel 1892 conquistò per la prima volta la prestigiosa medaglia d’oro nel concorso di poesia latina di Amsterdam con il poemetto Veianius il poeta Giovanni Pascoli, il quale pochi anni prima aveva iniziato la sua carriera di docente nel Regio Ginnasio-Liceo Duni di Matera, dove insegnò da 1882 al 1884. A conferma della sua raffinata cultura classica, che gli permise di guadagnare la cattedra universitaria, seguì una lunga serie di riconoscimenti che si concluse nel 1911, pochi mesi prima della morte, con l’ultima medaglia d’oro, di cui fu insignito per la più celebre delle sue opere latine, Thallusa, un poemetto in 194 esametri.
I prestigiosi successi del poeta romagnolo servono a introdurci nel vasto e variegato mondo dei Premi Letterari del Novecento, partendo dal più noto fra tutti, quello intitolato ad Alfred Nobel (Stoccolma, 1833 - Sanremo, 1896). Istituito nel 1895 con il testamento dell’industriale svedese, fu assegnato per la prima volta dall’Accademia Reale di Svezia solo nel 1901. Il Nobel per la letteratura è stato attribuito fino ad oggi a sei autori italiani: Giosuè Carducci (1906), Grazia Deledda (1926), Luigi Pirandello (1934), Salvatore Quasimodo (1959) Eugenio Montale (1975), Dario Fo (1997).

A proposito della premiazione di Quasimodo si deve ricordare un episodio curioso quanto significativo, di cui si rese protagonista Giuseppe Ungaretti. Questi, alla notizia improvvisa e inaspettata dell’assegnazione al poeta siciliano, si lasciò andare a una violenta filippica contro il vincitore, lasciando interdette le autorità diplomatiche dell’Ambasciata Sovietica a Roma, dove egli si trovava con altri invitati per la celebrazione della Rivoluzione di ottobre. È, questa, un’eloquente conferma dei sentimenti di rivalità, che molto spesso hanno segnato i rapporti anche tra le più illustri personalità del mondo letterario.
A tale riguardo può essere interessante conoscere anche l’atteggiamento che verso i premi letterari assunse Umberto Saba, una delle voci poetiche più pure ed alte del Novecento. Da un lato, infatti, egli nutre un sentimento di forte avversione, motivata anche dalla «profonda consapevolezza che la sua opera si trova ad un livello artistico talmente qualitativamente superiore da porlo in una condizione super partes, assolutamente aliena da ogni giudizio». (ix) Per questo egli afferma di aspirare a un riconoscimento postumo, ben più significativo e capace di far risplendere la sua gloria poetica. Dall’altro lato, costretto anche da obbliganti ragioni di ordine pratico e dalla sua fragile condizione psicologica, mostra spesso un forte desiderio di vedere riconosciuta subito la grandezza della sua poesia e a tale scopo non disdegna di sollecitare l’amico Carlo Levi a intervenire in suo favore sui componenti di alcune giurie.

Nel secolo appena trascorso in Italia sono nati molti premi letterari e oggi se ne contano circa duemila. Qui si accennerà ai più prestigiosi, non senza aver prima sottolineato due dati importanti: l’incongruenza tra la fioritura lussureggiante dei premi letterari e la scarsa diffusione della lettura nel nostro Paese e il fatto che a partire dal 1980 sempre più ha pesato sui Premi letterari il condizionamento della grande editoria, spinta dall’urgenza della ricerca di nuovi bestseller sulle orme tracciate dal romanzo Il nome della rosa di Umberto Eco. Quest’opera ebbe un successo così strabiliante da diventare un vero e proprio caso editoriale. I milioni di copie vendute in tutto il mondo testimoniano della rivoluzione avvenuta nel campo editoriale, che è davvero stupefacente, se solo si considera che meno di un secolo prima delle Myricae pascoliane erano state stampate appena 100 copie.

Dopo questo lungo preambolo, iniziamo una rapida rassegna dei premi letterari italiani, partendo dal più antico, il Premio Bagutta, che fu istituito da un gruppo di amici letterati, che frequentavano l’omonima trattoria toscana dei Pepori a Milano.
Fu assegnato per la prima volta nel 1927 e viene tuttora conferito nel periodo invernale nel corso di un amabile incontro conviviale.

Due anni dopo il Bagutta vede la luce il Premio Viareggio, che è attribuito ogni anno nel periodo estivo ad un’opera di narrativa, a una di saggistica e a una di poesia. Il Viareggio ebbe, per così dire, un battesimo di fuoco grazie alla presenza di due mostri sacri della letteratura italiana del Novecento, Luigi Pirandello e Massimo Bontempelli. Era stato ideato da Leonida Rèpaci, pittore e scrittore di origine calabrese stabilitosi in Versilia, dopo aver vissuto a lungo a Milano e a Torino, dove ebbe modo di collaborare alla storica rivista L’Ordine Nuovo di Antonio Gramsci. Dopo la sua morte avvenuta nel 1985, il Premio fu retto prima dal grande storico della letteratura Natalino Sapegno e poi dallo scrittore Cesare Garboli. Nell’albo d’oro del Viareggio figurano i più bei nomi della narrativa, della poesia e della saggistica italiana del Novecento, quali, ad esempio, Enrico Pea, Achille Campanile, Riccardo Bacchelli, Umberto Saba, Aldo Palazzeschi, Elsa Morante, Arturo Carlo Jemolo, Domenico Rea, Tommaso Fiore, Rocco Scotellaro, Giovanni Russo, Carlo Levi, Mario Luzi.

Il 1947 è l’anno di esordio, invece, del Premio Strega, ideato dal noto giornalista e scrittore Goffredo Bellonci e dalla moglie Maria con il convinto sostegno di Guido Alberti, proprietario della ditta produttrice del famoso liquore di Benevento. La scelta dei vincitori era affidata ai frequentatori domenicali della casa romana dei Bellonci in via Fratelli Ruspoli. Dal 1986 del Premio si prende cura la Fondazione Bellonci e ancora oggi il vincitore è proclamato durante una sfarzosa cerimonia che si tiene il primo giovedì di luglio nei giardini di villa Giulia a Roma. In anni non lontani sono stati premiati alcuni scrittori dell’ultima generazione come Melania Mazzucco, autrice del romanzo Vita, dedicato al tema sempre attuale della emigrazione, Margaret Mazzantini, autrice del bel romanzo Non ti muovere, Sandro Veronesi autore di Caos calmo, Paolo Giordano con il fortunato romanzo La solitudine dei numeri primi

 Nomi di non minor prestigio segnano il lungo percorso del Premio Campiello che, nato nel 1962 con il patrocinio e il finanziamento delle Associazioni Industriali del Veneto, è destinato esclusivamente ad opere di narrativa. Il primo vincitore, nel 1963, fu Primo Levi. Salito prepotentemente alla ribalta letteraria con il libro uscito nel 1947, Se questo è un uomo, che avrebbe scosso le coscienze di milioni di lettori nel mondo con la sua sconvolgente testimonianza degli orrori dei campi di concentramento nazisti, lo scrittore torinese propose in quell’occasione un altro suo romanzo epico, La tregua, per raccontare la lunga e triste odissea del ritorno dal Lager dei sopravvissuti alla shoah, da cui più di trent’anni dopo il regista Franco Rosi avrebbe tratto uno dei suoi film più maestosi. Tra i molti famosi scrittori, che si sono aggiudicati nel tempo il SuperCampiello, piace ricordare per ragioni di comprensibile campanilismo due vincitori lucani, Raffaele Nigro e Mariolina Venezia, e con loro Giuseppe Lupo, entrato nel 2011 nella cinquina dei finalisti. Ma ancor prima, nel 1984, si era aggiudicato il prestigioso Premio Pasquale Festa Campanile, che nel 1957, a soli trent’anni, si era imposto all’attenzione generale con il romanzo La nonna Sabella e sarebbe stato poi autore di memorabili sceneggiature di film entrati nella grande storia del cinema italiano, come Rocco e i suoi fratelli e Il Gattopardo di Luchino Visconti.

Menzionati altri Premi di lunga tradizione, come il Bancarella, il Premio Napoli e il Premio Balzan, o comunque affermatisi definitivamente negli ultimi anni come il Mondello Città di Palermo, il Premio Scanno, vale la pena di spendere qualche parola per il Premio Grinzane Cavour, fondato nel 1982, con il decisivo patrocinio della Regione Piemonte e della città di Torino, da don Francesco Meotto, un padre salesiano di profonda e raffinata cultura, che fu a lungo direttore editoriale della casa editrice SEI. Ospitato nell’antico castello appartenuto alla famiglia del grande statista piemontese, il Grinzane Cavour, che lega il suo nome al territorio delle Langhe oltre che all’artefice dell’Unità d’Italia, ben presto decollò proprio grazie all’attrazione delle risorse storico-ambientali del territorio che lo ospitava e ai cospicui fondi pubblici su cui poté contare fin dall’inizio.
Ma con la gestione di Giuliano Soria, diventatone il responsabile dopo la morte del fondatore avvenuta nel 1988, la manifestazione si ammalò di gigantismo e a fianco delle attività culturali presero piede e prevalsero opinabili iniziative imprenditoriali, che portarono all’arresto del potente patron. Si giunse, così, alla sospensione temporanea di un Premio che, a cavallo dell’ultimo decennio del Novecento e del primo decennio del nuovo secolo, aveva portato nelle langhe piemontesi, oltre al gotha della letteratura italiana, i più famosi scrittori del mondo come la scrittrice inglese Doris Lessing, gli israeliani Abraham Yehoshua e David Grossmann, il brasiliano Paulo Coelho e il marocchino Tahar Ben Jelloun. Solo nel 2010 il Grinzane tornò di nuovo in pista grazie all’intervento di Caterina Bottari Lattes, presidente della Fondazione, che nell’asta fallimentare ne acquistò il marchio e i beni, affidando la scelta delle opere in concorso a una giuria presieduta da Giorgio Bárberi-Squarotti.

 Negli ultimi decenni, infine, si è assistito ad un altro fenomeno interessante, vale a dire la nascita di molti Premi Letterari che portano il nome di grandi personalità della nostra storia letteraria. Fra i tanti ricordiamo il Premio Brancati, nato nel 1962 in memoria del grande scrittore siciliano e i Premi Marino Moretti, Leonardo Sciascia, Piero Chiara, Eugenio Montale, Giuseppe Dessì, Ignazio Silone ed Elsa Morante. Ultimo, ma non ultimo della nostra molto lacunosa lista è il Premio Flaiano, dedicato al giornalista e scrittore abruzzese, che con ironia spesso corrosiva e con aforismi fulminanti aveva raccontato nella sua varia e ricca produzione letteraria i costumi degli italiani, facendone risaltare grandi debolezze e piccole manie. Proprio a proposito dei Premi Letterari egli aveva avuto modo di scrivere: «I grandi premi non vengono mai dati allo scrittore, ma ai suoi lettori. Poveracci, se li meritano».

La nascita dei Parchi Letterari e i Premi letterari in Basilicata
In tale ambito si collocano alcuni Premi sorti nell’ultimo quarto di secolo con il supporto dei Parchi Letterari, che videro la luce per una geniale intuizione che Stanislao Nievo ebbe alla fine degli anni Ottanta, quando avvertì il bisogno di preservare il castello friulano di Colloredo di Montalbano, dove il suo grande avo Ippolito aveva scritto le Confessioni di un Italiano.
Nati in realtà all’inizio del nuovo millennio con il supporto dell’Unione Europea, i Parchi mirano a valorizzare le risorse storiche e paesaggistiche tramite le opere letterarie, che offrono una lettura originale non solo della geografia dei luoghi celebrati da capolavori della letteratura, ma anche della storia dei territori, che purtroppo per molti anni è rimasta sconosciuta o, comunque, è stata dimenticata e sottovalutata. In Italia sono al momento trentatré e sono intitolati a letterati, scrittori e poeti che hanno segnato la storia delle patrie lettere, quali ad esempio Petrarca, De Sanctis, Croce, Deledda, Pasolini, Jovine. Negli ultimi anni, grazie alla indefessa e meritoria attività di Stanislao de Marsanich, divenuto Presidente dopo la scomparsa del suo omonimo fondatore, sono stati istituiti Parchi Letterari anche in Norvegia, Francia e Stati Uniti. 
 Dei trentatré Parchi operanti sul territorio nazionale ben sette sono nella piccola Basilicata, che rivela di possedere una sorprendente miniera anche sul versante del patrimonio letterario: essi sono dedicati alla memoria di Carlo Levi ad Aliano, Isabella Morra a Valsinni, Francesco Lomonaco a Montalbano Jonico, Albino Pierro a Tursi, Mario Pagano a Brienza, Federico II a Melfi e, ultimo in ordine di tempo, Michele Parrella a Laurenzana.

Il Parco Letterario Carlo Levi, istituito nel 2001, per oltre vent’anni ha operato di concerto con l’Amministrazione Comunale di Aliano e, superando oggettive difficoltà derivanti perlopiù dalla esiguità delle risorse finanziarie, si è reso protagonista di importanti iniziative socio-culturali, che hanno contribuito a far maturare la consapevolezza delle enormi potenzialità di un intelligente utilizzo del fenomeno letterario anche ai fini di uno sviluppo economico.
A tale proposito meritorio è stato l’impegno del Presidente Antonio Colaiacovo, che negli ultimi tre lustri ha assunto concrete iniziative per il coinvolgimento dei giovani studenti delle scuole secondarie. Ciò è avvenuto grazie all’organizzazione di corsi di scrittura creativa, cui hanno partecipato molti autorevoli esponenti del panorama letterario nazionale, e di concorsi letterari e grafici di notevole valenza pedagogica, cui hanno aderito licei di molte città italiane.
Di non minore utilità, inoltre, si sono rivelati il patrocinio e, in alcuni casi, l’impegno diretto del Parco per la pubblicazione di opere di poesia, narrativa e saggistica, che hanno contribuito all’esplorazione del mondo leviano e alla diffusione della sua lezione artistica, politica e civile. Non è senza significato che alcune di queste opere abbiano meritato una considerevole attenzione sulle pagine culturali dei maggiori quotidiani nazionali.
Perseguendo tali finalità il Parco Carlo Levi, sempre con il supporto della Amministrazione Comunale, guidata da oltre un decennio da Luigi De Lorenzo, ha organizzato manifestazioni di vario genere e convegni di studio ad Aliano, Roma, Torino, Firenze e Bologna, operando in collaborazione con le Associazioni Lucane presenti sul territorio nazionale e con Istituzioni Culturali di grande prestigio quali la Galleria degli Uffizi e la “Dante Alighieri”.

Anche riguardo ai Premi letterari, alcuni dei quali nati autonomamente e altri strettamente legati all’attività dei Parchi, la Basilicata ha mostrato una sorprendente vitalità. Uno dei primi in ordine di tempo è il Premio Carlo Levi, nato nel 1988 e dedicato allo scrittore torinese confinato in Lucania fra il 1935 e il 1936 per la sua attività antifascista. Tra i numerosi altri Premi meritano di essere menzionati quelli intestati a Isabella Morra e ad Albino Pierro, “Le cantine di Pasolini” a Barile, “San Gerardo Maiella” a Muro Lucano, “La pulce letteraria” in Val d’Agri, cui diede un notevole impulso il compianto giornalista e scrittore Rocco Brancati.
Ma qui piace segnalare anche il Certamen Horatianum, organizzato da oltre trent’anni dal liceo “Quinto Orazio Flacco” di Venosa e destinato ai giovani studenti liceali italiani, che sono chiamati a cimentarsi ogni anno con la traduzione e il commento di un componimento oraziano. Vale la pena di ricordarlo, perché iniziative di così grande valore didattico e pedagogico possono offrire un contributo decisivo alla salvezza della scuola italiana, che, già afflitta da molti mali cronici di varia natura, è oggi scossa da episodi tristi e inquietanti di violenza e riflette il forte disagio che attraversa le famiglie e la società italiana.

I premi finora citati si sono aggiunti via via al più antico Premio Basilicata, istituito a Potenza nel 1972 su iniziativa del Circolo Culturale Silvio Spaventa Filippi con il sostegno dell’Ente Regione. Le molte e illustri personalità premiate in oltre mezzo secolo sono la significativa testimonianza di una longevità e di un prestigio rari in una terra dove anche le iniziative più meritorie nascono e muoiono nello spazio di un mattino. Qui piace ricordare fra tutti coloro che sono entrati nel ricco albo d’oro del Premio il cardinale Joseph Ratzinger, divenuto poi Papa con il nome di Benedetto XVI, il quale nel 1993 fu premiato per l’opera omnia.
La realtà regionale, di cui si è appena proposto un rapido schizzo, conferma il valore della rappresentazione di Raffaele Nigro, il quale in modo originale e con rara efficacia descrive la Lucania come un “paese delle storie che si sono accumulate per strati. […] È una specie di paradiso abbandonato, dove qualcuno ha seminato una strana pianta che produce racconti. […] Qui non c’è bisogno di uno scrittore che inventi, qui basta che qualcuno accosti l’orecchio alla terra e catturi il respiro che sale dalle viscere. Le storie sono già belle e inventate”. (x)
Si tratta, in tutta evidenza, di un patrimonio inestimabile, che i Parchi Letterari lucani intendono custodire, facendo leva sull’idea-forza di un vitale rapporto osmotico fra il territorio e la letteratura, per cui un luogo contribuisce a veicolare ed esaltare l’opera letteraria, mentre questa scopre e valorizza le risorse storiche, artistiche ed ambientali dei paesi, che possono e debbono essere i protagonisti del progresso culturale e civile dell’Italia.

Angelo Colangelo

[i] W. Mauro, La letteratura è un cortile, Roma, Perrone, 2010, p. 143
[ii] Vedi Roberto Fiori, Il nuovo Grinzane torna alle origini, ne La Stampa, 26 novembre 2010
[iii] Tucidide, Istoriai, II, 41, 1
[iv] L. Canfora, Storia della letteratura greca, Bari, Laterza, 1986, p. 111
[v] Ibidem, passim
[vi] G. Perrotta, Disegno storico della letteratura greca, Milano-Messina, Principato, 1964, p. 101
[vii] Orazio, Carmina, I, 1, vv. 29-30
[viii] Ibidem, vv. 35-36
[ix] S. Ghiazza, Carlo Levi e Umberto Saba – Storia di un’amicizia, Bari, Dedalo, 2002, p. 52
[x] R. Nigro, Fernanda e gli elefanti bianchi di Hemingway, Milano, Rizzoli, 2010, pp. 72-73

Immagine: Pavel Gromov, A caricature of Bagutta Prize ceremony, (https://commons.wikimedia.org/wiki/File:Bagutta_Prize_2.jpg)


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