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Benedetto Croce e l'Abruzzo

pagine in costruzione

I LUOGHI DI BENEDETTO CROCE IN ABRUZZO 
A cura e con l'introduzione di Francesco Sabatini

Croce e i suoi luoghi d'Abruzzo
Dall' introduzione di Francesco Sabatini, 

Le due brevi monografie storiche che Benedetto Croce dedicò, rispettivamente nel 1919 e nel 1921, a Montenerodomo, paese della famiglia paterna, e a Pescasseroli, paese materno e suo luogo di nascita (il 25 febbraio 1866), sono pezzi unici, di natura molto particolare, nella sua vasta produzione storiografica e sono, naturalmente, veri titoli di nobiltà per i due centri interessati. La composizione di questi scritti, frutto della sua profonda competenza in materia di istituzioni giuridico-politiche e socio-culturale dell'Italia meridionale e della sua abilità di ricerca nelle fonti di archivio, fu occasionale, ma profondamente motivata da vicende biografiche che lo toccavano da vicino, com'è ben noto e richiamerò più avanti. 

In entrambi i casi, la trama generale dei fatti esposti è data, per una prima parte, dalla storia feudale dei due centri e dalle notizie sulla loro entità demografica attraverso i secoli, per poi fare spazio alle notizie sulle trasformazioni sociali intervenute tra Sette e Ottocento. Affiorano spesso occasionali commenti, che ravvivano il racconto, da storico disin­cantato di fronte ai comportamenti umani. Ma soprattutto i legami per­ sonali dell'Autore con i luoghi hanno fatto sì che in questa ricostruzione il suo sguardo sui fatti esterni ceda a tratti il posto all'ascolto interiore e che la sua prosa da pacatamente descrittiva e narrativa diventi di intro­spezione. E addirittura sia onirica e tumultuosa, come accade in un terzo testo, il Discorso agli amici di Pescasseroli (del 1910), ben noto anch'es­ so e che di solito, come anche questa volta, si accompagna al secondo dei due. 

Questi testi, che hanno già ricevuto attenzione da commentatori e biografi (1) prevalentemente come testimonianza di una ricerca di auto­ coscienza dell'Autore, appaiono ancora oggi pienamente meritevoli di essere rimessi in circolazione, non solo perché, con tali loro valori, rag­giungano più facilmente un nuovo pubblico di lettori; ma perché nuovi motivi, di diversa natura, spingono anche noi, loro adusati lettori, a rimeditarne il contenuto. 

 Un primo motivo, specifico, è dato dal fatto che in tema di rapporti tra Croce e l'Abruzzo bisogna ormai saldare queste conoscenze con quelle che emergono sempre più dalle ricerche sul terzo polo geografico, già noto ma finora poco studiato e divulgato, da lui assiduamente frequen­tato nella regione: quello di Raiano, nella valle di Sulmona. Per un de­cennio e anche più, fu il luogo, all'inizio del Novecento, delle sue villeg­giature, che coincidevano con una prima stagione della sua vita affettiva, con una fase di intenso studio personale su grandi temi del suo campo d'interesse e anche con un fitto allacciarsi di rapporti con gli esponenti della cultura abruzzese. Tali indagini erano state intraprese nei decen­ni scorsi da due studiosi peligni: uno purtroppo scomparso, Ottaviano Giannangeli, sulmonese, e Damiano Fucinese, proprio raianese. Tali indagini si annunciano ora riavviate da un gruppo di ricerca, dal quale attendiamo risultati sostanziosi proprio su quei rapporti. Né, sulla stes­sa linea, è più possibile trascurare quanto apprendiamo, da fonti non ancora catalogate e spesso indirette, della forte partecipazione emotiva che Croce dimostrò per i fatti della sua terra in anni molto più avanzati, quando gli sconvolgimenti del 1943-44 colpirono appieno il paese dei suoi padri. Non uno, ma due quadri di fatti e pensieri, dunque, ancora da ricomporre e includere via via pienamente in ogni ricostruzione della personalità di un così grande testimone delle nostre tradizioni di cultura, in una pluralità di dimensioni. Di quanto già sappiamo sui suoi rapporti con i nostri e suoi luoghi terrò conto brevemente più avanti anche in questa sede.

Ma è anche la mutata situazione di questi luoghi, nel secolo comples­sivamente trascorso da quelle vicende della persona, che fa scaturire nuove riflessioni dalla lettura dei suoi testi. La caratterizzazione dei due centri delle sue radici come «Due paeselli», coniata dallo stesso Autore quando ripubblicò questi scritti in appendice alla sua Storia del Regno di Napoli (1925), per quanto già in contrasto con gli auspici di fortu­ne espressi per uno di essi nel discorso del 1910, evoca infatti una con­ dizione di vita quasi residuale nelle due comunità. Mentre per queste oggi le cose stanno in termini decisamente diversi. Pescasseroli, divenu­ta nel 1923 capitale del Parco Nazionale d'Abruzzo (nato dall'iniziativa dell'ultimo esponente, stretto congiunto dello storiografo, della vecchia classe dirigente locale) celebra ormai di continuo i suoi fasti di centro di attività ambientali e turistiche. Montenerodomo è inclusa in un altro grande organismo del genere, il Parco Nazionale della Maiella (istituito nel 1991), che si avvia a produrre anche una riorganizzazione socioeco­nomica e culturale dell'intera valle, solcata dai piccoli fiumi Aventino e Verde, affluenti del Sangro, dominata proprio da questo centro abitato e ricca di un eccezionale patrimonio di beni paesaggistici, paleontologici e archeologici. I due centri, insomma, si propongono oggi come entità che hanno assorbito altri fattori di vitalità dal mondo attuale e vogliono andare decisamente incontro al futuro. Anche Raiano è su questa strada, pur se deve forse ancora giocare le sue carte migliori, tra la vicinanza a importanti monumenti italici, romani e medievali, concentrati nella riesumata e ridenominata Corfinio, e le prospettive di una moderna e consistente viticoltura, un fatto che può apparire un'improvvisa novità, mentre è anche questo un riaggancio al passato.

Di fronte a queste nuove realtà, le pagine di memorie e riflessioni la­ sciate da Croce sui luoghi delle sue origini e gli altri dati sul luogo dei soggiorni potrebbero sembrare comunque legati soltanto alle sue vicen­de e tipici di un'epoca in cui ai rapporti di origine e alle occasionali fre­quentazioni seguivano distacchi definitivi. Ma i cambiamenti dei quali abbiamo fatto cenno hanno mostrato di avere effetti così complessi e, per così dire, retroattivi, per cui non si avve1tono più separazioni di mondi, tra ciò che era e ciò che è, e tra chi è partito e chi è restato. Anche queste pagine di Benedetto Croce ora smettono di apparirci come scritte da un figlio che si era allontanato dalla terra dei padri, e producono invece in noi l'effetto complessivo di alte e robuste "quinte" della Storia procurate dalla sua opera e poste sulla scena del presente. Il presente che in tutti questi luoghi trova in noi, successori, i principali interpreti e interessati. In particolare i suoi ripetuti soggiorni a Raiano gli dettero occasione per stabilire una serie di rapporti con la storia locale e con i cultori di essa, allora numerosi e di alto livello. 

Questa edizione ripropone i tre testi suindicati e ne aggiunge altri. Già ben noto il discorso su Il dovere della borghesia nelle Provincie napole­tane, che Croce pronunciò nel 1923 a Muro Lucano, per l'inaugurazione della Biblioteca popolare intitolata al giovane Enzo Petraccone, nativo di quel luogo e suo seguace negli studi, morto nella Grande Guerra. Un testo che ha origine concreta in fatti del tutto diversi e riguarda un altro luogo, ma che si lega agli altri testi e luoghi per il richiamo, questa volta, a un presente che doveva ormai unire ovunque, in un solo fare, le nuove generazioni. Qui il non nazionalista Croce evoca, nella sua chiave etica, apertamente la nuova «patria» di cui andava avvertita l'esistenza in tanti luoghi singoli. Tanto vigore nel chiedere di volgere le spalle al passato puramente locale aveva destato in lui il pensiero della perdita di quella giovane vita che gli era stata molto cara. È, insomma, il Croce che ogni giorno avrà pur guardato, nelle permanenze a Raiano, il profilo dei monti abruzzesi che lo circondavano, senza però lasciarsene troppo attrarre. Ne dobbiamo tener conto per rispetto alla sua persona. Di chi, già un paio di anni prima, in una situazione alquanto simile a quella verificatasi nel paese lucano, «assiso sui poggiuoli di pietra» nel giardino avito di Montenerodomo, insieme con i cugini, aveva proclamato di sentirsi - ma «non senza malinconia» - «forse ... piuttosto che figlio della sua gente ... figlio della vita universale», filius temporis piuttosto che filius loci

Eppure, le testimonianze della realtà locale lo attraevano, si trattasse di scambi con studiosi che gli venivano incontro, di importanti monumenti (l'abbazia carolingia di San Clemente a Casauria!) dei quali si stava allora ricostruendo la storia e avviando il restauro, di figure del passato (i pa­trioti del Risorgimento) e anche di tradizioni e leggende ed espressioni di poesia popolare. Ne ho accennato nella nota di questo scritto e ne riaccennerò più avanti, ma su tutto, come ho detto, si attende che faccia piena luce la ricerca del gruppo raianese. In questa sede aggiungiamo, ai quattro testi suindicati i suoi appunti sui feudatari di Raiano e quelli sugli eremi e i culti nelle grotte della Gola di san Venanzio. Corredano questa edizione anche due nostri elaborati grafici, che vo­gliono essere di sussidio pratico al lettore che non conosca affatto questo territorio e le genealogie locali. Sono strumenti di conoscenza che forse contrastano, lo riconosciamo, con quella visione antipositivistica dei fat­ti storici, che Benedetto Croce riteneva liberi dai condizionamenti stretti della natura. La mappa geografica offre la visione complessiva dei luoghi abruzzesi connessi con le vicende qui narrate della sua vita n con antefatti locali che riconducono alla sua figura. Non evidenzia, purtroppo, la pre senza dominante delle alte montagne che sostennero quella economia pastorale alla quale egli dedica più volte il suo racconto, né le fiancate dei monti, le valli e i valichi attraverso i quali si snodano le vie principali, ma solo indica, come elementi essenziali, la catena della Maiella, il corso dei fiumi e la posizione dei centri abitati, quanto basta per definire questo quadrante al quale lui e noi stessi facciamo riferimento, come bacino na­turale in cui si è incanalata, innegabilmente, tanta storia. Anche l'albero genealogico presenta, agganciandole proprio ai loro luoghi di origine, le famiglie che con l'imprevedibile disegno del destino hanno prodotto il grande intreccio delle singole vite, dal livello di poco precedente a quello successivo, fino ad oggi, all'esistenza della persona che tutte a sé le lega. 

*** 

... Siamo noi, ancora, che dobbiamo prendere mi­gliore coscienza del fatto che una parte cospicua del nostro patrimonio di cultura e perfino di natura (pensando all'origine del Parco d'Abruzzo e poi all'impegno ambientalistico di Elena, la prima figlia del filosofo ha assunto rilievo dal passaggio di Benedetto Croce tra noi. 

1 La pubblicazione congiunta dei tre testi, precedente a questa e che fa da base di riferimento, è la seguente: Benedetto Croce, Due paeselli d'Abruzzo. Pescasseroli e Montenerodomo, a cura del Comune di Pescasseroli e del Comune di Montenerodomo, marzo 1999, Centro Stampa GraphType di Raiano (Aq).

Il testo completo in 
I LUOGHI DI BENEDETTO CROCE IN ABRUZZO 
A cura e con l'introduzione di Francesco Sabatini, presidente onorario dell'Accademia della Crusca 
Edizione realizzata dal Comune di Montenerodomo in collaborazione con gli Enti componenti il Parco Letterario Benedetto Croce e l'Abruzzo: Comune di Pescasseroli, Comune di Montenerodomo, Comune di Raiano, Parco Nazionale d'Abruzzo, Lazio, Molise, Parco Nazionale della Maiella, I Parchi Letterari, sotto l'egida della Regione Abruzzo (2021)
Gli scritti di Benedetto Croce  nel volume sono pubblicati per gentile concessione degli Eredi Croce. 
Tutti i diritti riservati
Si ringraziano Marta Herling, segretario generale dell'Istituto italiano per gli studi storici , e la Fondazione Biblioteca Benedetto Croce 

Il volume è disponibile presso la sede di Montenerodomo (Ch) del Parco Letterario Benedetto Croce e l'Abruzzo 
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