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Il luogo e l'eccidio di Buggerru. Di Tarcisio Agus, Parco Letterario Giuseppe Dessì

Il luogo e l'eccidio di Buggerru. Di Tarcisio Agus, Parco Letterario Giuseppe Dessì

Il luogo e l'eccidio di Buggerru. Di Tarcisio Agus. “Dal fondo della piazza volò un sasso che passò sopra la folla e finì contro i vetri della falegnameria. Fu l’inizio di un crescendo..." Giuseppe Dessì, Paese d'ombre

29 Giugno 2020
Parco Letterario Giuseppe Dessì
Parco Geominerario Storico e Ambientale della Sardegna
Il luogo e l'eccidio di Buggerru
 Di Tarcisio Agus

 “Dal fondo della piazza volò un sasso che passò sopra la folla e finì contro i vetri della falegnameria. Fu l’inizio di un crescendo. I sassi ormai cadevano fitti quando, nel panico di un istante che sarebbe difficile scomporre nella sua fulminea successione cronologica, qualcuno, rimasto sempre sconosciuto, diede un ordine secco ed energico che i soldati eseguirono automaticamente”. Così Giuseppe Dessì nel suo Paese d'ombre, sintetizza i momenti salienti, prima dell'eccidio.

Una drammatica tragedia d'importazione, potremmo oggi affermare. Perché il luogo era parte integrante di un eco sistema esclusivamente indigeno, formatosi per una complessa evoluzione geologica che ebbe inizio nel Cambriano (570 M.a). La valle montana, che sovrasta l'attuale borgo minerario, è costituita da Dolomine rigata, grigia massiva e da Calcare ceroide, con colorazioni variabili dal bianco, grigio pallido sino al rosso vinaceo, in uno scenario di antica e suggestiva bellezza, impreziosita in passato, da una lussureggiante copertura vegetale che ne animava gli scorci. Purtroppo, lo splendido quadro ambientale, con il tempo è stato impoverito, rendendo quel prospero alveo naturale, spoglio ed esposto alle intemperie e dilavamenti. Disboscamento che si incrementò con l'abolizione dei feudi, 1836, in un mercato, oggi diremo libero, prima dell'avvento dei nuovi proprietari terrieri, i Modigliani di Livorno, che commercializzavano la produzione del legno e del carbone, con una società metallurgica francese. Questi ultimi inviarono sul posto un proprio agente, addetto al controllo delle forniture che si accatastavano sulla spiaggia, prima dell'imbarco, un certo Renè Jacomy, che pare avesse scelto l'amena località per abitarvi stabilmente. 

Certo è che il successo e la scoperta dei giacimenti minerari, sono ascrivibili all'ingegnere franco-belga Giovanni Eyquem che, nel 1864, affascinato da quelle chiare rocce, comprese l'importanza della loro costituzione, chiamate masse calaminari, rocce costituite da silicato e carbonato di zinco, dalle quali riuscì a ricavarne il prezioso metallo, lo zinco, allora molto richiesto nei mercati europei.

Sarà poi lo stesso Eyquem a promuovere la "Società Anonymes des mines Malfidano", che grazie agli apporti di capitali francesi, ottenne nel 1870, la concessione per lo sfruttamento minerario.

Nasceva così la necessità di supportare l'intrapresa imprenditoriale con i primi fabbricati industriali e civili, classici ormai in tutti i borghi minerari dell'isola che andavano nascendo e Buggerru certamente lo si può annoverare tra quelli più importanti. A supporto dell'estrazione si erigeva così la laveria La Marmora, pare mai entrata in funzione e la laveria Malfidano, sulla spiaggia, a ridosso del promontorio che chiudeva la lunga distesa sabbiosa, mentre a monte si sviluppava il primo importante nucleo della "Piccola Parigi": direzione della miniera, uffici amministrativi, alloggi degli impiegati e dei dirigenti. Completavano il primo assetto urbano, un alberghetto, la chiesa, il cinema, l'ospedale e perfino il teatro. In pratica tutto parlava francese ad eccezione dei primi minatori sardi che pian piano, attratti dall'importante sviluppo industriale, vi trasferivano i propri nuclei familiari dando vita a modeste abitazioni, certamente su concessione della società, che si espandevano nella nostra stretta valle, degradante verso il mare.

Ma Buggerru per lungo tempo restò francese, la "petit Paris", così chiamavano il nascente borgo i tecnici minerari ed i dirigenti di provenienza francese, molti di essi vi si trasferirono con la propria famiglia, mantenendo e perseguendo le tradizioni culturali d'origine. Infatti buona parte dei minatori e delle loro famiglie abitavano i luoghi di coltivazione, in particolare il vasto altopiano di Pranu Sartu, dove la società mineraria traeva le maggiori produzioni di calamina, con scavi a cielo aperto e in galleria, che trasportava, tramite una decauville alla laveria Malfidano, attraverso la galleria Henry, oggi oggetto di fruizione turistica.

In questo vasto altopiano che domina il mar di Sardegna, nasceva il villaggio di Planu Sartu (piano alto) che ospitò non meno di duemila abitanti, a bocca di miniera. L'ampia terrazza delle calamine, ove oggi regna nuovamente il silenzio, permangono le imponenti tracce degli scavi minerari e i numerosissimi ruderi delle abitazioni dei minatori, di cui la natura si sta riappropriando. Questa soleggiata località di fatica e di uomini, faceva parte integrante del Salto di Gessa, importante feudo di una potente famiglia castigliana, che nel 1862 venne acquisito, per generosa concessione del governo sabaudo, dalla famiglia israelita dei Modigliani, attratti dal sogno di ricchezza.

Quasi due vite parallele, il canale Maifidano, che nella sua parte a mare, ospitava gli impianti di produzione mineraria, le strutture di direzione e di servizio, per una ristretta comunità francese, costituita da tecnici e dirigenti della società mineraria, mentre il grosso dei minatori erano nel vasto pianoro, al di sopra del nascente agglomerato di Buggerru e nei villaggi di Planu Dentis e Caitas.

Il nome Buggerru pare tratto dall'antico toponimo della vallata, meglio nota "Su Mungerru", il luogo della mungitura, che trae origine, presumibilmente, dalla stabile presenza di numerose greggi feudali. Mentre il nome, più moderno, dato alla vallata, canale Malfidano, pare tragga origine dal luogo di briganti e del malaffare.

La vita culturale del nuovo centro sembrava destinata a crescere, portando nella sperduta località forti tratti di cultura francese, tanto che Georges Perrier, proprietario del cinema e del teatro, riusciva a programmare spettacoli con compagnie provenienti direttamente da Parigi.

Ma se il clima di grandeur, regnava nella villa ospiti, meglio nota come palazzina Beni Beni, arredata in perfetto stile liberty, ove vivevano i dirigenti della miniera, altro clima pare regnasse nelle case operaie.

Già Quintino Sella, nella sua visita a Buggerru nel 1871, rimarcava il divario salariale tra i minatori sardi e quelli del resto d'Italia e le condizioni che in certe situazioni rasentavano il disumano. Scarsa sicurezza sul lavoro e turni massacranti, erano alla base di continui incidenti, compresi quelli mortali, come quello accaduto il 7 Maggio del 1904, ove perirono quattro minatori.

Il cliama di esasperazione aveva spinto i minatori a fondare la "Lega di resistenza di Buggerru" affidandone la guida a due dirigenti socialisti, Giuseppe Cavallera e Alcibiade Battelli, per recuperare spazi salariali e migliori condizioni di lavoro. Questa presa di coscienza che andava sempre più crescendo, con ripetuti scioperi, in particolare dopo l'ennesimo incidente mortale del 7 maggio, era mal tollerata dalla dirigenza della società francese che l'anno prima, 1903, aveva chiamato alla guida l'ingegner Achille Georgiadés, un greco di Costantinopoli. 

Pur in un clima di latente tensione, l'ingegnere Georgiadés, il 2 settembre del 1904, non esitò a diramare l'ennesimo comunicato, con una restrizione della pausa lavoro, sino ad allora compresa tra le 12 e le 14. Il rientro alle 13, colpiva particolarmente i lavoratori ed i minatori esterni, non dimentichiamo che si è ancora in piena estate e la parte maggiore di estrazione avveniva nelle cave a cielo aperto di Pranu Sartu, veri e propri gironi infernali, di cui oggi si conservano abbondati le tracce. Pare che già dallo stesso giorno si levarono le azioni di protesta e la lega dei minatori, la sera stessa, raggiunti dai dirigenti socialisti Cavallera e Batelli, preparò la delegazione e la rivendicazione da sottoporre alla dirigenza della società per domenica 4 settembre. 

L'agitazione ormai aveva raggiunto livelli preoccupanti, tanto che la direzione aveva chiesto a propria tutela l'intervento delle forze dell'ordine. Arrivarono il pomeriggio del 4 due compagnie del 42° reggimento di fanteria ed a tre minatori fu dato il compito di sistemare i locali della falegnameria, oggi museo della miniera, per ospitare i soldati. Disposizione non gradita alla folla che andava sempre in crescendo presso la falegnameria, nell'attesa dei risultati in corso, tra la delegazione trattante e la dirigenza. La moltitudine degli operai rivendicava con forza il rilascio dei tre minatori, comandati a predisporre i locali per accogliere le due compagnie che evidentemente avrebbero dovuto stazionare per un po di tempo, sino a quando le acque non si fossero calmate, ma il giorno era sciopero generale e nessun operaio per nessuna ragione doveva lavorare. Non bastando le proteste ed il rumoreggiare, per convincere i soldati a rilasciare gli operai, qualcuno dei manifestanti, come ci riporta il Dessì, in Paese d'ombre, iniziò a lanciare sassi sulle finestre, forse nel duplice tentativo di intimorire i militari e di rendere i locali non idonei ad accoglierli. Certamente l'effetto di quella improvvisa sassaiola impaurì i militari, che nel tentativo di proteggersi dalla folla, sempre più rumoreggiante e minacciosa, fecero partire alcuni colpi e con le baionette in canna si fecero largo sulla folla impietrita per il drammatico epilogo. A terra rimasero feriti mortalmente, Francesco Littera, 31 anni, di Masullas e Salvatore Montixi, 49, di Sardara. Un terzo, soccorso dai compagni, Giustino Pittau, di Serramanna, moriva dopo giorni di agonia in ospedale. Così pure uno degli 11 feriti, tra i quali anche diversi militari, Giovanni Pilloni di Tramatza, moriva, per le gravi ferite riportate, un mese dopo. Parrebbe che nessun ordine superiore fosse stato dato per aprire il fuoco sulla folla, ma l'evento tragico fu senza dubbio l'epilogo inaspettato dell'alta tensione creatasi fra le parti. Il risultato poi delle indagini, non seppe far luce sullo storico evento, tanto da ignorare che i militari, oltre ai fucili, avessero anche le munizioni a seguito.

Una storia drammatica, preludio di successivi avvenimenti in tutte le miniere dell'isola, nella difficile lotta delle conquiste sociali che vedrà ancora minatori perire durante le manifestazioni sindacali che andavano diffondendosi nei numerosi cantieri minerari dell'isola.

Purtroppo quel moto nazionale, Liberté, Egalité e Fraternité, che i dirigenti della "Società Anonymes des mines Malfidano", avrebbero dovuto tenere orgogliosamente a mente, non sono riusciti a trasferirlo nel contesto da loro stessi creato, ma evidentemente non amato. 

Professore Tarcisio Agus

*Presidente del Parco Geominerario, Storico e Ambientale della Sardegna


in foto: lo scipero del 1904;  panorama di Bugerru oggi e in una foto d'epoca 

vedi anche :
www.parcogeominerario.eu
www.fondazionedessi.it
www.sardegnaturismo.it/it/esplora/buggerru


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