Il 22 marzo si celebra la Giornata mondiale dell'acqua istituita dalle Nazioni Unite nel 1992. Nelle vicinanze del Santuario della Verna, intorno al monte Penna, vi sono tre fonti che la tradizione assegna al miracolo francescano dell’acqua sorgiva
22 marzo. Le sorgenti di San Francesco nella Giornata internazionale dell'Acqua
L’ acqua un bene prezioso, è fonte di vita materiale e spirituale.
Laudato si’, mi’ Signore, per sor’aqua,
la quale è multo utile et humile et pretiosa et casta.
(San Francesco, Cantico delle Creature, 1224)
Così San Francesco lodava sorella acqua nel Cantico che può considerarsi Manifesto Programmatico di Ecologia ante litteram.
I documenti ricordano alcuni miracoli compiuti dal santo d’Assisi che in più occasioni fece scaturire dalla roccia acqua sorgiva. Narrato nella Legenda maior, nella Legenda Minor di Bonaventura da Bagnoregio, nel Trattato dei miracoli e nella Vita seconda di Tommaso da Celano, il più noto tra questi miracoli, è quello raffigurato nell’affresco che Giotto ci ha lasciato nella Basilica Superiore di Assisi.
"Il beato Francesco desiderando qualche volta andare in un eremo (la Verna secondo Bartolomeo da Pisa, Analecta Franciscana, IV) per attendere più liberamente alla contemplazione, poiché era molto debole, ottenne da un pover uomo un asino da cavalcare. Costui mentre saliva nella calura estiva per i viottoli montagnosi, seguendo l’uomo di Dio, è preso dalla fatica del lungo cammino su una strada troppo aspra e lunga e prima di arrivare alla meta, viene meno dalla sete. Si mette dunque a supplicare con insistenza il santo perché abbia pietà di lui, dicendo che sarebbe morto se non avesse bevuto qualche sorso d’acqua. Il santo di Dio, che sempre era compassionevole verso gli afflitti, senza indugio discese dall’asino e piegate a terra le ginocchia, alzò le palme verso il cielo non cessando di pregare finchè si sentì esaudito. “Affrettati - disse al contadino - e troverai acqua viva che in questo istante Cristo misericordioso ha fatto sgorgare dalla pietra”. Stupenda degnazione di Dio che si china verso i suoi servi così facilmente! Bevve il contadino l’acqua sgorgata dalla pietra per virtù della preghiera del santo e gustò una bevanda tratta dalla durissima roccia. Polla d’acqua in quel luogo non c’era mai stata né in seguito si è mai potuta ritrovare, come dimostrano le ricerche diligentemente fatte. “ (Tommaso da Celano, Trattato dei miracoli, cap. III,15)
Affrescato da Giotto tra il 1299 e il 1300, il miracolo della sorgente, presenta il santo inginocchiato in preghiera, sulla sinistra due confratelli che trattengono l’asinello e sulla destra l’allungata figura del contadino che si china per poter bere l’acqua che sgorga dalla roccia e che tra due speroni rocciosi, scorre verso un pianoro. L’acqua fuoriesce da una pietra divisa da una spaccatura a forma di V formando una polla che lo studioso Nencini ipotizza possa essere stata ripresa da una cascata del torrente Rovigo, nella zona di Firenzuola (Firenze) che doveva essere conosciuta da Giotto di Bondone. L’ipotesi è pubblicata nel libro “Il magnifico ribelle. Il Mugello di Giotto” edito da Polistampa. L’affresco presenta un linguaggio pittorico che supera il simbolismo altomedievale e gli schemi bizantini a favore di una rivalutazione della concretezza attraverso il naturalismo e una narrazione, destinata a stupire per la sua immediatezza. Giotto introduce infatti il realismo nella rappresentazione del paesaggio e una prima forma di prospettiva intuitiva, il naturalismo nell’uso del colore, la resa tridimensionale dei corpi attraverso il chiaroscuro, la soggettività nell’espressione dei volti e nella gestualità. Di grandiosa eloquenza è l'inedito gesto dell'uomo che si sporge per bere l'acqua, con il piede che è realisticamente piegato nella spinta del corpo che Vasari descrive acutamente:"[nell'assetato] si vede vivo il desiderio delle acque".
Altro miracolo legato all’acqua, fatta scaturire miracolosamente, è quello che coinvolge una donna nei pressi di Sulmona, documentato nel Trattato dei miracoli di Tommaso da Celano: "Gagliano è un paese popoloso e illustre in diocesi di Sulmona. In esso viveva una donna di nome Maria, che giunta alla conversione attraverso le difficili vie del mondo, si era dedicata totalmente al servizio di san Francesco. Era salita un giorno su un monte, riarso per la totale mancanza d’acqua, con l’intenzione di potare gli aceri verdeggianti; aveva dimenticato di portare con sé l’acqua e per il calore eccessivo, cominciò a venir meno per l’arsura della sete. Non potendo ormai far nulla e giacendo per terra esaurita cominciò ad invocare il suo patrono san Francesco. Affaticata si assopì. Ed ecco sopraggiungere San Francesco che la chiamò con il suo nome” Alzati e bevi l’acqua che a te e a molti altri viene offerta quale dono di Dio. Sbadigliò la donna a tale voce e vinta dal sonno tornò a riposare. Chiamata ancora una volta ancor molto stanca, rimase a terra sdraiata. La terza volta però, confortata al comando del santo si alzò. E afferrando una felce vicina la estrasse dal terreno. Avendo allora scorto che la sua radice era tutta intrisa d’acqua, con le dita e con un piccolo ramoscello cominciò a scavare tutt’intorno. Subito la fossa si riempì d’acqua e la piccola goccia crebbe fino a divenire fonte.” (Tommaso da Celano, Trattato dei miracoli, ca.III,16)
La presenza di una cappellina a Monticelli, tra via di San Vito e via di San Carlo nella periferia di Firenze, testimonia il miracolo di San Francesco che fece sgorgare una fonte dal terreno, durante la Quaresima del 1221. Così racconta la vicenda lo storico Guido Carocci a inizio Novecento: “A breve distanza della chiesa di S. Pietro a Monticelli, alla pendice del colle di S. Sepolcro, detto poi di Bellosguardo, Forese di Merguillese Bilicozzi fondava nel 1217 un monastero del quale fu per qualche tempo abbadessa Suor Chiara degli Ubaldini, già moglie del Conte di Gallura dei Visconti di Pisa. Arricchito da molte donazioni, il monastero non ebbe che pochi anni di prospera vita, giacché a cagione dell’instabilità del suolo, cadde in rovina e le monache dovettero trasferirsi nel 1261 in altro locale che sotto lo stesso titolo venne edificato sulla collina di S. Gaggio fuori di Porta Romana. Alle rovine del monastero fu dato volgarmente il nomignolo di Monasteraccio, sotto il quale la località venne d’allora in poi indicata”.
Anche vicino ad Arezzo, in località Vitiano, è stata individuata una fonte che secondo la tradizione, tramandata oralmente, fu fatta scaturire dal Santo di Assisi. Si narra che l’asinello che accompagnava San Francesco colpì la roccia con la testa e la terra con lo zoccolo facendo così zampillare la sorgente, per dissetare il santo in uno dei suoi spostamenti dalle Celle di Cortona alla Verna.
Altro miracolo dell’acqua viene descritto in un testo di Francesco da Menabbio risalente al secolo XVI e conservato presso il santuario della Verna :“La quarta volta, che ‘l Padre Serafico venne alla Verna fu per la via di Fiorenza, pe’l monte Pomino, dove fece scaturire una fonte d’acqua dolcissima cristallina”; il testo cita come Monte Pomino l’attuale Madonna dei Fossi, denominazione acquisita dalla località solo successivamente al 1400 e che è localizzata tra le frazioni di Pomino e Berceto.
Ma è proprio nelle vicinanze della Verna, intorno al monte Penna che sono più numerosi i luoghi testimoni del miracolo dell’acqua sorgiva: tre sono le fonti che la tradizione assegna al miracolo francescano.
La prima si trova lungo il percorso che dalla strada provinciale, tra la località Dama e Fognano, conduce verso la località Tofana, un’altra è presente presso il paese di Compito e un’altra ancora in località Beccia. La cappellina costruita nel 1883 sull’antico sentiero di crinale del poggio di Stabarsicci e di Fognano, presso un piccolo fontanile, reca sullo stipite d’ingresso, un’iscrizione: "La fonte qua vicino è detta di san Francesco."
Nella frazione di Compito di Sopra (Compitus -bivio) a lato della chiesetta, è presente un fontanile detto Fonte di San Francesco sopra la quale è stata apposta una lapide in marmo con un’iscrizione: "Questa fonte la fece scaturire il santo Francesco l’anno 1212”. La meno nota è sicuramente quella che si trova in località Beccia, sulla sinistra del sentiero che sale al santuario della Verna. In realtà questo fontanile è stato ritratto con in una dettagliata illustrazione stampata nel 1612, opera di mano del pittore Jacopo Ligozzi. Il viaggio del Ligozzi al santuario risale a qualche anno prima della pubblicazione della stampa, pertanto l’illustrazione rappresenta il luogo del miracolo francescano così come lo aveva visto il Ligozzi nel 1607.
Accompagnato alla Verna da padre Lino Moroni, provinciale dei Frati Minori di Toscana, al Ligozzi viene richiesto di ritrarre i luoghi dal vero per una guida illustrata. Durante il suo soggiorno alla Verna, Ligozzi, abilissimo illustratore del dato di natura, specialista di piante e animali, produsse vari disegni successivamente trasportarti su rame dagli incisori Raffaello Schiaminossi e Domenico Falcini poi stampati e associati a puntuali didascalie, raccolte in un volume dal titolo “Descrizione del sacro monte della Verna”. Le immagini del Ligozzi corrispondono, nel loro succedersi, ad una visita per tappe al santuario ad un pellegrinaggio che segue un itinerario coerente, dalla veduta d’insieme del monte all’ascesa al santuario lungo l’antica strada che parte dalla Beccia e proprio dalla descrizione della Fonte di San Francesco. La pagina con la legenda che correda la prima illustrazione della serie reca in alto la seguente iscrizione: "Ritratto della Fonte, detta del Padre San Francesco, che si trova poco più su, che al principio del muro che cinge il Monte, venendo dal viaggio, e strada del Casentino, con sue misure & casa de passaggeri modernamente fatta”. La preziosa informazione, relativa all’architettura presente nell’illustrazione a sinistra della fonte, segnata dalla lettera H, permette di individuare esattamente il fabbricato destinato ai pellegrini, oggi non più esistente.
L’illustrazione permette di scoprire che il fontanile odierno si trovava agli inizi del Seicento entro una costruzione con arco a volta alti braccia tre e trequinti (un braccio corrisponde a 1,8288 metri) ; uno sportello (C) donde si vede venir l’acqua fra rotte pietre, largo & alto un braccio; una doccia di pietra per la quale cade l’acqua (D); un recettacolo dell’acqua caduta in servizio comune (E); fenestrella o armadietto de mano sinistra(F); piazza tra la fonte & case de passeggieri (G); casa de passeggieri fabbricata modernamente (H); monticello & praterie quivi vicini dove è pascolo di pecorelle (I); alberi al principio della selva murata (L); mensa comunemente tenuta per passaggieri (M); strada comune dal detto viaggio di Casentino (N).
La guida del Ligozzi mostra, spiega e illustra il percorso al Monte più Santo al mondo, coinvolge lo spettatore invitandolo ad un pellegrinaggio virtuale in un percorso che segue un itinerario sia naturalistico che spirituale. Accanto al sacro, e con la supervisione del provinciale Moroni, Ligozzi dà conto dei lavori, delle migliorie recenti a beneficio dei visitatori pellegrini, descrivendo minuziosamente i luoghi. Protagonista delle illustrazioni è la natura straordinaria della Verna con le rupi e le rocce scoscese, faggi secolari che al tempo del viaggio di Ligozzi erano già in parte caduti ed alcuni recentemente: il faggio dell’apparizione della Vergine caduto prima del 1568, quello dell’acqua nel 1598. Nella foresta monumentale di rara bellezza, tutelata sin dai tempi di San Francesco e rappresentante, con la sua consociazione Faggio-Abete, l'unico esempio esistente di foresta primaria appenninica, i faggi diventano testimoni essi stessi dei miracoli del santo. Nei pressi del corridoio delle Stimmate è presente una cappellina detta del “faggio dell’acqua” costruita dopo la caduta del faggio che nel cavo del tronco presentava una polla d’acqua ritenuta sanativa. Le virtù terapeutiche dell’acqua del faggio derivavano dal fatto che lì il santo assisiate aveva lavato le bende con il sangue delle stimmate; il rifiorire miracoloso dell’acqua nell’incavo del faggio, fu oggetto di osservazione anche da parte del Granduca di Toscana Cosimo I che si recò alla Verna con la duchessa Eleonora di Toledo e “messe le guardie intorno al detto faggio dalla sera alla mattina e fece prima con una spugnia asciugare la bucarella dell’acqua e la seguente mattina fu trovata ripiena come prima” . Solo in tempi recenti, quando la conformazione del masso della Verna, è stata oggetto di attenti studi scientifici ( A.A.V.V. Atti del IV Seminario, Deformazioni gravitative profonde in Toscana, 1993) si è compreso il fenomeno che sta alla base dell’acqua nel cavo del faggio.
Il complesso conventuale sorge su una placca calcarenitica miocenica rigida che poggia su un substrato argilloso plastico e la scarpata sud-est di detta placca è interessata da giunti sub-verticali che determinano la scomposizione dell’ammasso roccioso in blocchi prismatici. Sul monte sono presenti sistemi di trincee che corrispondono a sistemi di giunti allargati, riempiti nel tempo da detriti e materiali di riporto. Proprio lungo una di queste trincee si trovava il faggio che riceveva acqua dalla base del monte attraverso le radici. Caduto, come già detto, nel 1598, sul luogo fu costruita la cappellina ancor oggi esistente per volere di Donato da Gello. Quando Jacopo Ligozzi nel 1612 pubblicò l’illustrazione che ritraeva la cappella del faggio dell’acqua, nella didascalia che la corredava scriveva: "cappelletta fatta nel sito dove era il faggio chiamato dell’acqua, quale sanava molti mali ma in particolare de gl’occhi”. In considerazione della conformazione morfologica del terreno intorno al monte Penna sul quale si trova il santuario della Verna, le sorgenti alla base del masso calcareo risultano numerose. Il monte Penna (mt.1264) sul quale è situato il santuario della Verna, è un enorme masso calcareo errante e le caratteristiche e la morfologia della roccia fanno sì che sul monte non ci siano sorgenti, abbondanti invece alla base del rilievo, nei punti in cui traboccano dal substrato argilloso. Sul monte non c’è acqua sorgiva: la pioggia vi cade abbondante, sufficiente per alimentare gli alberi del bosco ma filtra nella roccia calcarea, per scaturirne alla base. Si tramanda che il monte Penna poggi su un lago sotterraneo dal quale, specialmente dopo abbondanti piogge o nevicate, sgorgano con forza nove sorgenti, alla base del masso calcareo; l’accesso al lago sarebbe possibile da una caverna detta “Bocca del diavolo”. Sul piazzale davanti alla basilica, il Quadrante, si trova una cisterna, vasca in muratura, dove vengono raccolte le acque piovane; altra cisterna meno capiente è situata nel chiostro piccolo. La fontanina che si trova nel Quadrante, fu inaugurata il 21 giugno 1929. Dalle Memorie di padre Volpi del 1980 (Biblioteca Storica del convento della Verna) sappiamo che fino al 1923 nonostante vari tentativi per cercare di portare acqua corrente al convento, l’obiettivo non venne raggiunto; si fece ricorso anche a padre Perazzi famoso rabdomante che giunse dal Piemonte ma che non riuscì ad ottenere alcun risultato. Solo quando fu progettato di sollevare l’acqua dalla base del monte, il convento poté usufruire di acqua corrente; nel 1928 infatti in località Melosa entrò in funzione un impianto eolico che produceva energia elettrica; il cosiddetto “rotone” distrutto nel 1944 dai tedeschi, era alto mt. 27 e aveva un diametro di metri 15 ed era in grado di azionare due dinamo, una per produrre energia elettrica e l’altra che era utilizzata per il sollevamento dell’acqua che si trovava a circa 200 mt di dislivello.
Ma come non ricordare che Emma Perodi nel suo capolavoro Le novelle della nonna. Fiabe fantastiche inserisce nella narrazione Monna Bice e i tre figli storpi proprio il miracolo della sorgente dall’acqua miracolosamente sanativa?
Il Santo Francesco le apparve e disse :“Con quest’acqua che ha virtù salutari bagna le gambe de’ tuoi storpiati ed esse saneranno…la madre (Bice) consolata da quell’apparizione prese subito il suo Grifo e condottolo accanto alla fontana – fatta sgorgare miracolosamente dal Santo - bagnò con quell’acqua la gamba storpia … bagnò anche la gamba storpia di Leone e quelle di Landino ….”
Alberta Piroci Branciaroli
Immagini:
La foto dell'illustrazione di Jacopo Ligozzi che riguarda la
fonte di San francesco in località Beccia.
Foto
Fonte di San francesco alla Beccia come si presenta oggi