Home Mission Parchi Viaggi Eventi Almanacco Multimedia Contatti
Torna all'Almanacco
Il paesaggio nel Cristo di Levi

Il paesaggio nel Cristo di Levi

“Cristo si è fermato a Eboli” di Carlo Levi è, dunque, un libro memorabile anche perché immortala la tragica bellezza dei paesi lucani in pagine davvero emozionanti. Di Angelo Colangelo

18 Marzo 2021

Il paesaggio è senza dubbio uno dei tratti più significativi fra i tanti che caratterizzano “Cristo si è fermato a Eboli”, un libro così sfaccettato e polimorfo da risultare inafferrabile nella sua ricca e preziosa complessità. Pur essendo un elemento di straordinaria importanza, che molto contribuisce al valore estetico dell'opera, il tema del paesaggio nel “Cristo” è stato spesso trascurato o sottovalutato a vantaggio di analisi, che hanno privilegiato di volta in volta la dimensione politica, sociale, antropologica o magica. 

Eppure, impreziosisce la narrazione e ne eleva la cifra estetica, perché non è una componente puramente esornativa, ma sempre si armonizza con gli aspetti sociali e psicologici. L'essenzialità dell'elemento paesaggistico nel memoriale leviano si rivela fin dalle prime pagine. 

Carlo Levi, dopo aver lasciato Grassano, un paese che se ne sta «bianco in cima ad un alto colle desolato, come una piccola Gerusalemme immaginaria nella solitudine di un deserto», si trasferisce ad Aliano. All'ingresso di San Mauro Forte vede «i pali a cui furono infisse per anni le teste dei briganti»; attraversa il bosco di Accettura, «uno dei pochi rimasti dell'antica foresta che copriva tutto il paese di Lucania»; oltrepassa Stigliano, «dove il vecchissimo corvo Marco sta da secoli sulla piazza, come un dio lucano, e svolazza nero sulle pietre»; finalmente giunge nella «valle del Sauro, con il suo grande letto di sassi bianchi». 

Nelle brevi immagini appena proposte si possono cogliere due elementi significativi della scrittura di Carlo Levi: l'attenzione ai dettagli, che evidentemente gli deriva dalla sua acuta sensibilità di pittore esperto, e l'amore per i contrasti di luce con cui ama rappresentare le contraddizioni di una terra misteriosa.  La felice antitesi fra il buio del bosco e il nero del corvo contro il chiarore dei sassi bianchi del fiume, non è un fatto episodico, ma una costante nelle rappresentazioni leviane e serve a rimarcare non solo difformità fisiche, ma anche disarmonie sentimentali o psicologiche. Nella misera tavolozza di colori utili a dipingere l'umile terra lucana predomina, comunque, il nero, che non è solo un colore concreto e visibile, «il nero degli scialli femminili, il nero delle coppole e dei mantelli dei cafoni, il nero senza vita degli occhi dei bambini», ma assume un profondo senso allegorico, perché esprime con forte valenza simbolica la triste condizione esistenziale delle genti del Sud. 

Se ne ha subito eloquente conferma nella descrizione del nuovo paese di accoglienza. Dopo aver tratteggiato un incantevole schizzo delle peculiarità di Aliano rispetto agli altri paesi lucani, Carlo Levi posa lo sguardo su un dettaglio in forte contrasto cromatico con il vivo splendore delle argille e del paesaggio lunare e annota: «Le porte di quasi tutte le case, ... erano curiosamente incorniciate di stendardi neri, ... sì che tutto il paese sembrava a lutto, o imbandierato per una festa della Morte”. 

Nel “Cristo” si ammirano altri emozionanti scorci paesaggistici alianesi, che, ritratti nel mutare delle stagioni dal cimitero o dalla casa di confino, ispirarono anche alcune delle 52 poesie e non pochi dei circa 70 quadri del confino. Indimenticabile è poi la cruda veristica descrizione dei “Sassi” di Matera, pervasi dalla miseria e dallo squallore. E nelle pagine finali è ancora un paesaggio di grande forza poetica a far da sfondo al viaggio di ritorno del confinato, mentre nella sua mente si affollano e si confondono, in una sorta di emozionante flashback, immagini e pensieri legati alle persone e ai luoghi appena lasciati. 

È evidente che il paesaggio eccita le doti immaginifiche dello scrittore torinese e le varie rappresentazioni paesaggistiche sono sempre esaltate da ammalianti similitudini, come attestano quelle che, sottolineate e senza alcun commento, qui si propongono in una breve ma esemplare rassegna. 

La Fossa del Bersagliere è piena d'ombre, e l'ombra avvolge i monti viola e neri che stringono d'ognintorno l'orizzonte. Brillano le prime stelle, scintillano di là dall'Agri i lumi di Sant'Arcangelo ... Mi par d'essere caduto dal cielo, come una pietra in uno stagno. 

 Sulla mia terrazza il cielo era immenso, pieno di nubi mutevoli: mi pareva di essere sul tetto del mondo, o sulla tolda di una nave, ancorata su un mare pietrificato. 

Paesi lontanissimi appaiono da ogni parte, come vele sperdute su questo mare ... 

Vennero le piogge, lunghe, abbondanti, senza fine: il paese si coprì di nebbie biancastre che stagnavano nelle valli: le cime dei colli sorgevano da quello sfatto biancore, come isole su un informe mare di noia. 

... la terra, che avevo sempre veduta grigia e giallastra, era ora tutta verde, d'un verde innaturale e imprevedibile. ... ma quel colore, altrove così pieno di di allegra armonia e di speranza, aveva qui qualche cosa di artificioso, di violento: suonava falso come il rossetto sul viso di bruciato dal sole di una contadina. Gli stessi verdi metallici mi accompagnarono attraverso la salita, verso Stigliano, come squilli stonati di una tromba in una marcia funebre. I monti tornarono a chiudersi alle mie spalle, come i cancelli di una prigione ... 

Pensavo a cose vaghe: la vita di quel mare era come le sorti infinite degli uomini, eternamente ferme in onde uguali, mosse in un tempo senza mutamento. 

 “Cristo si è fermato a Eboli” di Carlo Levi è, dunque, un libro memorabile anche perché immortala la tragica bellezza dei paesi lucani in pagine davvero emozionanti.

Riproduzione riservata © Copyright I Parchi Letterari

Creazione Siti WebDimension®