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Amarcord in viaggio. Di Angelo Colangelo, Parco Carlo Levi  (prima parte)

Amarcord in viaggio. Di Angelo Colangelo, Parco Carlo Levi (prima parte)

Amarcord in viaggio. In un lungo viaggio di ritorno da Stigliano a Parma riaffiorano i ricordi di persone, fatti e momenti significativi vissuti in trent'anni di vita alianese. Di Angelo Colangelo (prima parte)

02 Dicembre 2020
Amarcord in viaggio
 In un lungo viaggio di ritorno da Stigliano a Parma riaffiorano i ricordi di persone, fatti e momenti significativi  vissuti  in  trent'anni di  vita alianese 
Di Angelo Colangelo (prima parte  ) *
 

Alle prime luci dell'alba di una giornata agostana, che si preannuncia splendida, partiamo, io e mio figlio Nicola, per Parma. Stigliano è ancora immersa nel sonno. Raggiunte e superate le ultime case nella zona più alta del paese, si apre, come d'incanto, un invisibile sipario e appare uno strepitoso fondale: sulla sinistra, in lontananza, il luccichio tremulo delle onde immote del Mare Jonio; al centro, in primo piano, le case di Aliano, perfettamente allineate sulla cresta della collina che domina la Valle del Sauro; sullo sfondo e verso destra le linee sfumate delle maestose montagne lucane. Uno scenario che lascia senza parole.

   

Nicola, per primo, interrompe l'incanto del silenzio mattutino. Sa bene dei ricordi di Aliano, che spesso si affacciano e fanno ressa nella mia mente. Moltissimi sono legati al mondo della scuola. Sono ricordi ben vivi e sempre emozionanti. Non potrebbe, d'altronde, essere altrimenti.

Già nel passato ha potuto constatare che amo soffermarmi, con un senso di sereno rimpianto, sui ventidue anni trascorsi nel paese che un tempo aveva ospitato Carlo Levi, quando l'artista torinese era stato condannato dal regime al confino per la sua attività antifascista. Sa che anche per questa ragione, oltre che per lo strepitoso paesaggio dei calanchi, il borgo fin dal primo momento esercitò su di me un fascino straordinario. Ultimo motivo di innamoramento, ma non per importanza, fu la malia di un ambiente ricco di una grande umanità. Ora, perciò apre il discorso con tono scherzoso, come spesso gli capita di fare: 

«Caro prof, immagino quante volte hai potuto godere di uno spettacolo simile. Certo non all'alba ... Scommetto anche che ricordi perfettamente ancora adesso i particolari del tuo primo incontro con Aliano, che è diventato il tuo paese di adozione».

«Io – dico rispondendo alle sollecitazioni di mio figlio, che mi aiuta a sospingere la navicella della memoria sull'onda quieta dei ricordi - arrivai ad Aliano nel 1975, in una luminosa e stupenda giornata di ottobre. La lasciai, in una calda e afosa giornata di giugno, nel 1997. Nel mezzo una lunga ed intensa esperienza professionale ed umana, esaltata da momenti, fatti e incontri significativi, che concorsero a disegnare la mia identità e la mia vita.


All'arrivo mi accolse il volto sorridente di za Fanuzza. L'avrei vista negli anni vestita perennemente di nero, come usavano un tempo in tutti i paesi lucani le donne che avevano perduto un parente stretto. Fortunata Colucci, così in realtà si chiamava, era rimasta vedova in giovane età e ora provvedeva a garantire una vita dignitosa alle due figlie con il suo lavoro di bidella. Di quella donna vestita a lutto, con un dolce e mesto sorriso perennemente disegnato sul volto color di cera che contrastava col nero dell'abbigliamento, ricordo bene l'atteggiamento discreto, gentile, sempre premuroso nei riguardi di tutti. Un atteggiamento naturalmente materno.

Qualche minuto dopo mi salutò con grande cordialità Giovanni Maiorana il farmacista, insegnante di matematica e fiduciario, che con grande cordialità mi accompagnò nella classe che mi era stata assegnata: la II B. Sì, hai capito bene, “B”, - ripeto a mio figlio che mi guarda interrogativo – perché, dovresti saperlo, all'epoca nella scuola media di Aliano c'era anche il corso “B”: si contavano, infatti, ben sei classi, con circa centodieci alunni!

Il farmacista, persona dinamica e intraprendente, lasciò presto l'insegnamento, ma in due anni riuscii a instaurare con lui rapporti cordiali, che sarebbero durati nel tempo. Andavo, perciò, a trovarlo spesso in farmacia o a casa. Mi piaceva discorrere con lui di molte cose, ma soprattutto lo invitavo a condividere i suoi ricordi legati al tempo in cui, lui tredicenne, aveva avuto modo di conoscere e di frequentare Carlo Levi.

Sempre il primo giorno di scuola, alla fine delle lezioni, venne a darmi il benvenuto il parroco don Pietro Dilenge, per tutti don Pierino. Lo ritrovavo, per una strana coincidenza, a distanza di sette anni, dopo averlo conosciuto casualmente in un'aula dell'Università di Napoli. Con lui, che fu collega di religione per pochissimo tempo, sarebbe iniziato fuori della scuola un fecondo sodalizio, che diede vita a diverse e interessanti iniziative culturali. Alcune, a dire il vero, nacquero tra lo scetticismo generale.

 

Videro la luce in quei primi anni di permanenza ad Aliano il periodico “La voce dei calanchi”, ancora oggi letto non solo dai pochi alianesi rimasti, ma dai moltissimi alianesi che hanno cercato fortuna in Italia e nel mondo. Molto significativa sarebbe risultata nel tempo anche l'Estemporanea di Pittura, che via via ha coinvolto la maggior parte degli Istituti d'Arte delle regioni meridionali. Nella fase iniziale importante fu la collaborazione dell'artista grassanese Pietro Benevento, prematuramente scomparso in un tragico incidente stradale. All'affermazione definitiva dell'evento, che ha superato la trentesima edizione e fa registrare ogni anno circa trecento partecipanti, diede un decisivo contributo il grande pittore materano Luigi Guerricchio.

Altrettanto importante fu l'istituzione del Premio “Carlo Levi”, per il quale generosamente si spese il meridionalista Gilberto Marselli. Discepolo e collaboratore di Manlio Rossi-Doria a Portici e amico di Carlo Levi, condivise l'idea di raccogliere le tesi di laurea sull'artista e scrittore torinese e di premiare le migliori. Volle sostenere così il progetto nella difficile fase dell'avvio per un debito di amore verso la Lucania-Basilicata. Non a caso lui amava definirsi campano di nascita ma lucano di adozione, anche per la fraterna amicizia con i due celebri Rocco tricaricesi, Mazzarone e Scotellaro. Nelle prime edizioni, prima di caratterizzarsi con l'Istituzione del Parco Letterario, il Premio fu assegnato a insigni personalità quali il regista Franco Rosi, l'imprenditore lucano Pasquale Vena, il pittore siciliano Piero Guccione, l'archeologo Dinu Adamesteanu.

Fine prima parte.

La seconda parte verrà pubblicata sabato 5 dicembre

Vito Angelo Colangelo (Stigliano - MT, 1947) è autore di alcuni saggi di notevole interesse. Dopo "Gente di Gagliano" (1994), un'analisi originale dei personaggi del "Cristo si è fermato a Eboli", nel 2003 pubblica "Un uomo che ci somiglia", sulla vita e sulle opere di Carlo Levi, e "Il Maestro di humanitas", dedicato al grande barnabita e filosofo stiglianese Vincenzo Cilento e ritenuto meritevole di segnalazione alla XXXIII edizione del Premio Letterario Nazionale "Basilicata".

Per la casa editrice Scrittura & Scritture sono uscite: nel 2006 Migrazioni e migranti tra storia, cronaca e letteratura (Premio Carlo Levi fuori concorso); nel 2008 Cronistoria di un confino, sull'esilio di Carlo Levi in Lucania raccontato attraverso i documenti, opera quest'ultima molto apprezzata dalla critica e dalla stampa nazionale; nel 2010 L'avventura di un Premio - Fatti e protagonisti del Premio Letterario Carlo Levi.

Il professore Angelo Colangelo è parte della Giuria del Premio Carlo Levi con Raffaele Nigro presidente, Giuseppe Lupo, Antonio Avenoso, Antonio Colaiacovo presidente del Parco Letterario Carlo Levi, don Pierino Dilenge presidente del Circolo Culturale Panevino, Luigi De Lorenzo sindaco di Aliano.

Immagine di copertina : Carlo Levi, Aliano

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