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Polizzi Generosa nei ricordi di Giuseppe Antonio Borgese. Di Ida Rampolla del Tindaro

Polizzi Generosa nei ricordi di Giuseppe Antonio Borgese. Di Ida Rampolla del Tindaro

"Lassù nelle Madonie, che è il nome degli Appennini di Sicilia... il paese dei miei primi anni...Polizzi Generosa, drappeggiata nel suo superbo epiteto, torreggia da sola...spettacolo pieno d’immobile eternità"

22 Marzo 2020
Polizzi Generosa nei ricordi di Giuseppe Antonio Borgese 

Di Ida Rampolla del Tindaro*

 Giuseppe Antonio Borgese, “cittadino del mondo”, grande studioso di letterature straniere, gemanofilo e anglista (teneva in inglese le sue lezioni nelle università americane) era anche un profondo conoscitore della Sicilia, come dimostra la mirabile Prefazione da lui scritta per il volume Sicilia del Touring Club, in cui, con straordinaria capacità di sintesi, traccia un quadro completo della cultura siciliana nei suoi molteplici aspetti, dall’antichità ai giorni nostri.

La Prefazione è stata ripubblicata dal Comune di Polizzi nel 2002, in occasione del cinquantenario della morte dello scrittore. Ma Polizzi e il paesaggio circostante ispirarono sempre la sua opera, come dimostrano tanti passi ricchi di risonanze poetiche e umane che non solo traducono perfettamente il substrato culturale tipicamente siciliano, o meglio polizzano, da cui quegli scritti avevano preso vita, ma aiutano a comprendere il mondo interiore dello scrittore e gli stati d’animo alimentati da quei ricordi, tradotti spesso in pagine di autentica poesia. Il recente volume G.A.Borgese e Polizzi la Generosa contiene una raccolta delle più significative espressioni relative al paese natale, accompagnate dalle magnifiche foto d Luciano Schimmenti relative ai luoghi descritti. I passi , tradotti in inglese, hanno destato l’interesse anche della BBC di Londra, che ha in preparazione un documentario su Polizzi ispirato appunto dal volume.

Quella che Borgese chiama la sua “isola lontana” è avvolta spesso, nei suoi ricordi, in un’atmosfera quasi sacrale, come avviene quando rievoca i “sacri fiori” delle ginestre, gli “aromi religiosi” delle mente e dei timi o il sole che sorge “come un ostensorio” dal monte Pizzuto o la montagna “inaccessibile e sacra” o la nuvola bassa che sembra posarsi deliberatamente sulla montagna quasi “per udire e dire parole eterne”. E anche un fenomeno tipicamente polizzano come la nebbia gli ispira, in Rubé, immagini poetiche intrise di spiritualità: “Ora la nebbia saliva, grave e pur trasparente, simile a una bambagia che trapunta di stelle dovesse coprire il sonno della sua terra nativa. Lo spettacolo era pieno d’immobile eternità e di quella malinconia che grava sulle cose perfette”. 

 Una sensazione di pace scaturisce anche dalla magia con cui sono descritti gli aspetti delicati del “fresco ruggghio del mulino” o il “silenzio composto di occulti ronzii”, C’è, inoltre, nelle descrizioni in cui parla della luce che avvolgeva Polizzi vista da lontano, una spiccata capacità di rendere, attraverso le parole, l’incanto delle tinte e dei colori e quella particolare luce del tramonto in cui i colori si mescolano “tra il rosa e il bigio” e “una polvere d’oro sfavilla su tutte le cime”. 

Agli echi religiosi e agli spunti meditativi suggeriti dalle tinte sfumate e irreali si unisce però, in Borgese, un forte senso del colore, segno di vitalità e di energia ed espressione di una terra calda come la Sicilia: lo dimostrano i “bagliori d’indaco” nelle vigne della Scaletta, gli oleandri “ardenti nel sole come se stessero per pigliar fuoco”, i monti “che salivano vertiginosi come fiamme” o il turchino del mare lontano e il verde degli agrumeti sottostanti, che gli apparivano “quasi ogni onda e ogni foglia fosse vestita di una lamina di sonante metallo”. 

Ai colori si uniscono infatti i rumori, come il “borro sonante” e i tuoni che “rientravano brontolando nelle loro caverne” . Al ricordo di queste diverse tonalità di luci e di suoni lo scrittore aggiunge l’eco della sua cultura classica che si fonde con la sua formazione multiculturale e con l’apertura mentale che egli raffigura, simbolicamente, nel “grandi orizzonti” davanti a cui è nato; ci parla, così, della greca valle dell’Imera, dove l’agave africana “non disdegna la compagnia della nordica quercia”. 

Parla anche con malcelato compiacimento delle origini multiculturali del suo paese, in cui “i Siculi e i Greci, gli Arabi,gli Scandinavi venuti di Francia, una colonia ebraica, certamente anche i Romani, se ricordo bene certe facce potenti di contadini e pastori, v’istituirono un vero crogiolo di popoli, dal cui inquieto chimismo emerse, non tanto di rado, il cristallo di una personalità quale fu Caruso, lo storico, o, in tempi più recenti, il cardinale Rampolla, uno spirito di grandezza e di virtù consumato dalla tenacia, generosa anch’essa, di un errore intellettuale”. 

 L’opera letteraria del Borgese trae dunque molto spesso alimento dal paesaggio polizzano e dalle molteplici sfaccettature ispirategli dal paese natale attraverso ricordi, descrizioni e considerazioni che, come una serie di tasselli, consentono di cogliere il mondo interiore,la spiritualità e l’arte descrittiva dello scrittore: ma consentono anche di cogliere la bellezza di un paesaggio ricco di profonde suggestioni. 

Ida Rampolla del Tindaro, 22 marzo 2020

Ida Rampolla del Tindaro, di origini polizzane, è stata professore a contratto di Lingua e Letteratura francese alla Facoltà di Magistero di Palermo e Ispettrice del Ministero P.I., settore lingue straniere. Ha molte pubblicazioni riguardanti soprattutto i rapporti culturali franco-siciliani e ha organizzato molti scambi e gemellaggi fra i due paesi. E’ attualmente Presidente della Biblioteca comunale di Polizzi Generosa, del Comitato tecnico-scientifico del Parco Letterario G.A.Borgese e dell’A.M.O.P.A. italiana. Ha ricevuto dal Presidente della Repubblica francese l’onorificenza di Commandeur de l’Ordre national du Mérite e dal Presidente della Repubblica italiana quella di Cavaliere al Merito della Repubblica.

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