Rispolverando la mia piccola biblioteca personale - composta perlopiù di occasioni, di testi usati acquistati alla chetichella per qualche soldo in giro per le bancarelle del centro di Napoli; di libri dalla carta ingiallita e incartapecorita casualmente avvistati sugli scaffali polverosi delle antiche librerie di Port'alba, ora purtroppo soppiantate dalla gelida ascesa dei negozi online -, ritorno su uno dei libri che più impressionarono a un tempo il mio animo di lettore alle prime armi; un testo che rimane di fondamentale importanza per la letteratura e la nascita di una critica letteraria di livello internazionale.
Mi riferisco alla Storia della letteratura italiana di Francesco De Sanctis (1817-1883), scrittore, critico letterario, filosofo e politico di spicco dell'allora neonato Regno d'Italia, nell'ambito del quale rivestì più volte la carica di Ministro della pubblica istruzione.
Pubblicata nel 1870, si articola in venti capitoli - dalla Scuola siciliana presso la corte di Federico II di Svevia, passando per il Dolce stil novo, man mano fino all'Ottocento -; René Wellek (1903-1995), professore di letterature comparate a Yale, parlò di questo libro come "la più bella storia letteraria che sia mai stata scritta".
Non è solo il contributo pesante alla critica letterarIa a fare di De Sanctis uno dei più grandi del genere; gli era riuscito scrivere una storia letteraria che fosse al tempo stesso storia e letteratura: qui l'evoluzione dello spirito di una nazione viene scandito dalla letteratura, la quale è la manifestazione più intima del suo carattere. De Sanctis fuse perfettamente i due elementi: una concezione storica della letteratura italiana, il cui sviluppo è visto all'interno della storia politica, sociale, morale della nazione, e uno studio e un giudizio critico intensamente personali dei grandi testi di quella letteratura. Per De Sanctis la letteratura è essenza della storia di una nazione.
Non solo un suo riflesso, è la storia.
Qui si risente dell'influsso della filosofia di Hegel che De Sanctis studiò approfonditamente e che si chiarisce in luogo della sua critica estetica: "L'opera d'arte è considerata come un prodotto più o meno inconscio dello spirito del mondo in un dato momento della sua esistenza. L'ingegno è l'espressione condensata e sublimata delle forze collettive, il cui complesso costituisce l'individualità di una società o di un secolo".
Concepita originariamente come testo scolastico (il De Sanctis infatti esercitò la professione di insegnante alla Nunziatella di Napoli), successivamente si sviluppò in un'opera di vasta complessità e più ampio respiro.
Ma De Sanctis non fu esclusivamente, in linea col giudizio di Croce, il più grande critico e storico della letteratura italiana, ma fu un personaggio molto attivo politicamente. Sposò apertamente la causa del Risorgimento e gli ideali mazziniani: nel 1850, per aver partecipato insieme ad alcuni suoi allievi ai moti insurrezionali del 48', venne arrestato e recluso a Napoli nelle prigioni di Castel dell'Ovo, dove rimase fino al 1853, quando, espulso dalle autorità borboniche in America, riuscì a fermarsi a Malta e a scappare a Torino.
Qui fruttò la collaborazione con vari giornali dell'epoca; iniziò a tenere conferenze e lezioni, tra cui su Dante, le quali per lo spessore critico e l'impostazione poetica, gli fecero ottenere una cattedra universitaria a Zurigo.
Forse nella sua Storia nessuna pagina è più appassionante di quelle dedicate a Dante. L'opera dantesca rappresenta una metafora suprema del mondo medievale, di tutti i motivi dominanti del tempo che vengono spiritualizzate fino a diventare sublime sintesi poetica. La Commedia conchiude in sé l'essenza di quel mondo, ne manifesta lo spirito, proietta la visione della sua scienza e la concezione più alta. Si raggiunge il culmine della sensibilità artistica quando la filosofia, servendosi della Poesia come forma e strumento, anela e raggiunge la Sapienza: l'Amore come principio primo e ultimo, incarnato nella figura di Beatrice, ispira il sentimento, disvela il mistero della morte e ci guida verso l'Aldilà.
De Sanctis si dedicò ininterrottamente ora all'attività di politico e di ministro, ora a quella di giornalista, ora a quella di critico e storico della letteratura e infine a quella di professore. Nella ultima fase della vita, rivolse i suoi interessi al naturalismo francese, come testimoniano i suoi studi su Emile Zola; di quest'ultima è anche un importante saggio su Leopardi.
Colpito da una grave malattia agli occhi, De Sanctis morì a Napoli nel 1883. In suo onore la città natale, Morra Irpina, è stata ribattezzata Morra De Sanctis.
Riscoprire questo testo fondamentale è stata una seconda rivelazione. Col passare degli anni solo i grandi classici meritano d'essere riletti e riscoperti. In questo caso nessun libro è capace di accompagnare la passione per la lettaratura a una finezza critica assoluta, impareggiabile.
Oltre a fornici mezzi per comprendere elementi politici, storici, sociali, d'interesse scientifico e culturale delle varie epoche, i brani antologici disseminati qua e là lungo gli scorrevoli capitoli, fanno di questa lettura un piacevolissimo passatempo. E un giovane che si accosta alla letteratura non può, componendo la sua piccola biblioteca privata, non inserire tra i suoi autori prediletti, la stupenda Storia della letteratura italiana del grande De Sanctis.
Gennaro Cardenio
Riproduzione riservata © Copyright I Parchi Letterari
"La vita è azione ; ma solo la dignità è la chiave della vita, e l'onestà la prima qualità dell' uomo politico." Francesco De Sanctis