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Intervista ad Alice Cappagli: dalla musica alla scrittura, passando per Livorno

08 Luglio 2021
Intervista ad Alice Cappagli: dalla musica alla scrittura, passando per Livorno
Alice Cappagli è stata violoncellista nell’orchestra del Teatro alla Scala. Oggi scrive romanzi per Einaudi. In questa intervista parla di musica, scrittura, libri e di Livorno, la città in cui sono ambientati i suoi romanzi

 Alice Cappagli ha suonato nell’orchestra del Teatro alla Scala per 37 anni, girando il mondo con il violoncello, suo compagno di vita da quando era bambina.
 Qualche anno fa ha iniziato a scrivere romanzi nelle pause ritagliate tra prove, concerti e spettacoli, un po’ a Milano e un po’ nelle stanze degli hotel in cui alloggiava durante le tournée internazionali. In Russia, Finlandia, Giappone… Ne sono usciti due libri, tutti e due pubblicati da Einaudi. 

 Il primo, Niente Caffè per Spinoza, è la storia di Maria Vittoria, una donna sulla quarantina in un periodo tormentato della vita, che si trova a fare da cameriera-lettrice a un vecchio professore di filosofia che ha perso la vista. Mentre lei legge e riordina la casa, l’anziano professore le insegna come con Pascal, Spinoza, Sant'Agostino ed Epicuro si possa mettere in ordine anche la vita. 

 Ricordati di Bach, il secondo libro uscito nel 2020, parla invece della grande passione per la musica della protagonista. 
 L’apporto autobiografico è evidente e dichiarato. 
“Cecilia sono io” spiega, infatti, l’autrice e quella raccontata è la sua storia. 
 Una storia che ha inizio all’età di otto anni, quando la protagonista, nonostante un incidente d’auto che le lede per sempre il nervo della mano sinistra, si mette in testa d’imparare a suonare il violoncello…

 Intervistiamo Alice Cappagli al telefono. Toscana di nascita (oggi vive tra Livorno e Milano) con la sua parlata che tradisce i quasi quarant’anni trascorsi in Lombardia, ci racconta di mare, libri, musica, tournée, Giappone, Livorno…e molto altro ancora.

 Due libri e una protagonista in comune: Livorno. 
 Sì, è vero. Livorno nei miei libri non è semplice scenografia ma una protagonista.
Sono molto attaccata al mare, al vento, alla luce, agli ambienti e alla freschezza di questa città.
Livorno è dove sono nata e ho vissuto fino ai miei vent’anni. Poi mi sono trasferita a Milano, per andare a suonare alla Scala.
Dopo quarant’anni di lontananza, oggi ho ricomprato casa a Livorno, poco lontano da dove si trovava la mia vecchia abitazione. Ogni volta che torno, come in una sorta di pellegrinaggio, ho bisogno di visitare i miei luoghi, gli stessi di cui ho parlato nei libri: Villa Fabbricotti, i bagni Pancaldi, la Terrazza Mascagni, Villa Maria, il Teatro Goldoni che ha la stessa struttura della Scala… 
Ho iniziato a scrivere per nostalgia di Livorno; avevo l’esigenza di ripercorrere i luoghi e le atmosfere che mi erano rimaste dentro. 
 Del resto, anche a livello di mentalità sono sempre restata un po’ livornese. 

 Cosa le piace di più di Livorno?
 Il livornese ha una sua filosofia, che in qualche modo ti entra dentro. L’attitudine a non complicare ulteriormente ciò che già è complicato. E poi, in generale, la mancanza di diffidenza, che credo sia un grande dono. L’ho sempre sentita come una città empatica, che non giudica.

L’esordio nelle vesti di scrittrice è del 2019. Per quarant’anni ha suonato il violoncello e in “Ricordati di Bach” racconta come è nata la vocazione per la musica.
Sì, il secondo libro è autobiografico. L’esperienza diretta per me è molto importante nel processo di scrittura. Scrivere di ciò che conosco, che ho sperimentato in prima persona è la mia base di partenza.
Cecilia, la protagonista, sono io. Quando avevo 8 anni ho avuto un incidente d’auto molto grave che mi ha lesionato un nervo del braccio sinistro. Non muovevo la mano ma, nonostante questo, volevo suonare il violoncello.
Alla fine sono riuscita a frequentare l’Istituto musicale Mascagni di Livorno e il Liceo Classico contemporaneamente, arrivando al diploma.
Nel libro ho raccontato questi dieci anni della mia vita, durante i quali ho studiato come una pazza, aiutata da un maestro molto bravo ma singolare e burbero, che ha scommesso tutto sulla mia curiosità, pazienza e perseveranza.

Dopo tanti anni dedicati alla musica, come si è avvicinata alla scrittura?
In realtà ho sempre scritto ma senza un obiettivo preciso, solo per il gusto di scrivere, per fissare attimi e momenti con la penna e la carta. Insomma, scrivevo ma senza avere cura per ciò che stavo facendo; molte volte ciò che mi ero appuntata andava disperso. 
 A un certo punto però ho sentito il desiderio di scrivere qualcosa di più strutturato, qualcosa che potesse essere condiviso.
Nel 2004, mentre lavoravo, mi sono laureata con lode in Filosofia alla Statale di Milano. In tournée mi portavo i libri da studiare e, anche se è stato impegnativo, mi piaceva moltissimo.
Da quel momento, nelle pause in albergo durante la tournée in Russia, ho iniziato a scrivere il primo libro, in cui la filosofia ha un ruolo importante.
L’ultimo concerto l’ho fatto nell’ottobre del 2020: ora sono in pensione e vorrei dedicarmi totalmente alla scrittura.

 In “Niente caffè per Spinoza” parla di “luoghi della mente”. Quali sono i suoi? 
Il Giappone è indubbiamente uno dei miei luoghi della mente. Ci sono stata molte volte per lavoro, soggiornando anche per due mesi continuativi e sono sempre rimasta colpita dalla civiltà estrema, dalla pulizia, dall’ordine e dalla limpidezza etica che si respira. Sono stata a Kyoto, Nagoya, Tokyo e le immagini che più mi sono rimaste impresse riguardano la luce, le cornacchie e i giardini.

I Parchi Letterari sono territori che hanno ispirato un autore. Leggendo un libro, è mai rimasta affascinata o incuriosita da un luogo narrato, al punto da volerlo visitare? 
Ogni volta che passo da Viareggio mi viene in mente Mario Tobino e dopo aver letto “La Brace di Biassoli” sono più volte andata a visitare i vicoli e le strade di Vezzano Ligure, in provincia della Spezia. Mi affascinano i luoghi danteschi, specie quelli in Toscana e anche se a Procida non sono mai stata, l’ho vissuta da ragazzina attraverso la lettura dell’“Isola di Arturo” di Elsa Morante. Ma potrei continuare con la Sicilia di Verga, la Parigi di Victor Hugo…E tra i contemporanei mi incuriosisce Andrea Vitali e la sua Bellano. 

 Nel suo primo romanzo, i libri hanno un ruolo salvifico, diventano strumento per ripartire. Il libro che l’ha segnata? 
"Il giardino dei Finzi-Contini" di Giorgio Bassani: lì dentro c’è tutto. Un ruolo importante ha avuto anche “Resurrezione” di Lev Nikolàevič Tolstòj. Anche se, in generale, penso che ogni lettura sia importante perché ogni libro dona una prospettiva diversa, una chiave di lettura sul mondo.

Di Alice Barontini


Per Einaudi ha pubblicato Niente caffè per Spinoza (2019 e 2020) e Ricordati di Bach (2020).
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