Dario Vergassola ci porta in viaggio alle Cinque Terre attraverso brevi storie di delicata ironia, dove i protagonisti sono animali parlanti e leggendarie creature marine. In questa intervista l’autore racconta il suo ultimo libro, in bilico tra ecologia e fantasia.
Un mondo alla rovescia, in cui animali marini e sirene diventano protagonisti, parlando, raccontando, lamentandosi degli uomini.
Un mondo fiabesco, un po’ malinconico e un po’ surreale, a volte delicato altre pungente, in cui il lieto fine non è sempre garantito ma dove la bellezza, quella sì, è assicurata dalla scenografia d’eccezione delle Cinque Terre, teatro naturale in cui i racconti nascono e prendono vita.
Stiamo parlando di “Storie vere di un mondo immaginario. Cinque racconti delle cinque terre”, l’ultimissimo libro di Dario Vergassola, edito da Baldini+Castoldi e illustrato da Mattia Simeoni.
Un libro piccolo ma intenso e colorato, scandito da cinque racconti ambientati ciascuno in una delle Cinque Terre.
A Riomaggiore va in scena la storia di Gino, il girino albino; a Manarola l’avventura di Adriano, il polpo di Palaedo; a Corniglia il racconto di Amelietta la sirenetta; a Vernazza vive il totano Filippo; a Monterosso incontriamo Caterina, l’acciuga salata e sapientina…Fino all’epilogo, che si sposta al mercato cittadino.
“I racconti di Dario – ha scritto il regista francese Luc Jacquet, premio Oscar per “La marcia dei pinguini” - hanno la profondità e l’invettiva di Pinocchio, le sue chimere di uomini-polpo e di sirene sanno risvegliare il bambino che è in noi. Leggerli è stata una consolazione, un richiamo alla nostra natura più essenziale: la poesia e la meraviglia”.
Insomma, Vergassola, conosciuto al grande pubblico soprattutto nelle vesti di comico, umorista, cabarettista e attore di pièce teatrali, continua a stupire rivelando il suo volto meno conosciuto di scrittore e cantastorie, dopo l’esordio nelle vesti di romanziere nel 2014 con “La ballata delle acciughe” (Mondadori).
Lo intervistiamo al telefono, mentre sta viaggiando in auto, con la moglie alla guida.
Come è nato il libro?
Volevo creare una narrazione che partisse dalla bellezza delle Cinque Terre e potesse in qualche modo incuriosire ulteriormente chi le visita. Questi posti sono amati e mi piaceva l’idea di scrivere una sorta di guida fatta però di storie fantastiche, inventate da me. Alla fine (ndr. e ride divertito) è stato un po’ come provare a dare il mostro a Loch Ness…Così, per esempio, la storia delle acciughe è diventata il pretesto per parlare di Monterosso, del paese, della casa di Montale, della statua del Gigante, del convento dei frati Cappuccini…Questa idea di inventare storie mi piace; i racconti sono gli strumenti meno inquinanti e invasivi del mondo.
Leggendo ho notato un’anima ecologista.
Sì, ho voluto scrivere questi racconti brevi, queste specie di favolette come una sorta di gioco, con l’idea di dire però qualcosa, in termini di ecologia ma non solo. Ho parlato di un girino rifiutato perché diverso, della storia d’amore travagliato del polpo Adriano di Palaedo, di un totano e un limone che quando si incontrano e si innamorano, beh, sappiamo tutti che non è una bella cosa…Il gioco e la leggerezza sono presenti fin dal titolo, che è una specie di ossimoro ma con leggerezza ho voluto inserire anche temi importanti.
Quando ha scritto i racconti?
In diversi momenti. La storia del Polpo di Palaedo è stata la prima, l’avevo già scritta per Gino Strada che voleva una raccolta di storie di diversi autori per Emergency. Da lì è nata l’idea di scriverne altre. Per me - che sono un pigro di natura – i racconti brevi sono l’ideale; sono veloci e hanno il sapore dei monologhi. L’obiettivo è quello di portarli in teatro, in futuro.
C’è un tipo di lettore in particolare a cui stava pensando, mentre scriveva?
In realtà credo che queste storielle che ho scritto si adattino proprio a tutti. Sono racconti brevi camuffati da favole, con una semplicità di narrazione che permette la lettura a chiunque. Spero che piacciano soprattutto ai ragazzi che, generalmente, sono più sensibili a certe tematiche. A ripensarci, sarebbe stato bello inserire delle pagine bianche per le annotazioni di viaggio, per chi visita le Cinque Terre.
A proposito, è vero che ha fatto da “guida” a Enrico Casarosa, il regista di “Luca”, il nuovo lungometraggio d'animazione Disney e Pixar in uscita a giugno, ambientato nella città di mare “Portorosso”?
Sì, Casarosa ha chiamato dicendo che aveva un progetto misterioso. Sono andato a prendere lui e i ragazzi del suo staff con la mia barca che si chiama “Pelandrona”. Abbiamo fatto un bel giro tra Portovenere, il Tino, la Palmaria. Io non parlo una parola di inglese ma la focaccia che avevo portato con me mi ha aperto le porte con lo staff. Ho visto il promo del film: è meraviglioso, si vede chiaramente che le Cinque Terre hanno ispirato molto. Quindi (ndr. e continua ridendo) sono contento di aver contribuito nelle vesti di barcaiolo e portatore di focaccia. Del resto alle Cinque Terre ci sono i sentieri più belli del mondo. I paesini sono rimasti così come erano, protetti dalla loro stessa natura impervia, faticosa, aspra, difficile da conquistare, con i monti sulla schiena e il mare davanti. Bisogna continuare a tutelarle, è importante che continuino a restare così come sono, salvaguardandone l’essenza e puntando su un turismo - di cui soprattutto dopo questa pandemia abbiamo bisogno - che sia rispettoso, che le visiti con calma, restando una settimana...
Nelle vesti di comico o di scrittore La Spezia, la sua città, e in generale la Liguria, sono sempre presenti…
Beh, sì, sono convinto che uno debba parlare di quel poco che conosce e vive quotidianamente. L’unica cosa che faceva sopravvivere i ragazzotti spezzini della mia generazione, sperduti tra lentezza e provincialismo, era il farsi delle risate, il raccontare, l’inventarsi storie la sera, fuori dai bar, con un mix di cinismo ligure e l’ironia della vicina Toscana.
Sulla quarta di copertina del suo ultimo libro si trovano le parole che le ha dedicato Luc Jacquet, regista premio Oscar. Come l’ha conosciuto?
Jacquet ha letto i miei racconti tramite dei musicisti di Trento che, prima del lockdown, mi avevano chiamato per partecipare a un progetto ecologista (ndr. Storie di Mare e Piccole Terre). Io dovevo occuparmi della narrazione, Jacquet era coinvolto per la parte di video regia. Io che sono molto pigro avevo questi racconti già scritti…Così li ho riadattati per lo spettacolo e ho scritto il sesto, quello finale dello scorfano rosso al mercato. A Jacquet sono piaciuti molto e così, mentre era mi pare in Siberia a girare un documentario, mi ha scritto la prefazione.
Perché ha sentito il bisogno di iniziare a scrivere?
In realtà scrivo poco e leggo tantissimo. Scrivere mi piace perché riesco a fermare dei pensieri e delle sensazioni che altrimenti andrebbero disperse.
Immagini: Dario Vergassola: instagram.com/dario.vergassola.official/
(..) per miracolo tace la guerra,
qui tocca anche a noi poveri la nostra parte di ricchezza
ed è l’odore dei limoni. (..)
Eugenio Montale (I Limoni, Ossi di seppia)