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L’amore rubato, quando il silenzio diventa complice della violenza

03 Marzo 2021
L’amore rubato, quando il silenzio diventa complice della violenza
Il film del regista livornese Irish Braschi è uno sprone a rompere i pregiudizi e a contrastare il silenzio che è complice della violenza tra le mura domestiche. Un film che il Mibact ha classificato come di interesse culturale. Di Marco Giovenco

Si intitola “L’amore rubato” ed è un film liberamente tratto proprio dall’omonima raccolta di racconti di Dacia Maraini. Dal 2016 è il suo video-manifesto contro la violenza sulle donne, contro ogni violenza di genere: un film di cui Irish Braschi, regista, sceneggiatore e autore livornese, classe ’75, va profondamente fiero.
«Perché in questi casi il silenzio diventa complice della violenza, degli abusi più subdoli e pericolosi» osserva il regista, che ci raggiunge durante una pausa delle riprese di “Ok, il vino è giusto!”, programma che segue per Gambero Rosso Channel.

Il lockdown ha terribilmente acuito il fenomeno della violenza tra le mura domestiche. Il suo film resta drammaticamente attuale…
«Sì, purtroppo… – sospira con occhi bassi -. Anche negli ultimi giorni si sono registrati episodi di femminicidio. Guai ad abbassare la guardia: la cultura, il cinema sono canali formidabili per trasmettere e far comprendere il valore di messaggi come rispetto, tolleranza, amore. E, badi bene, è un messaggio che non è destinato soltanto alle giovani generazioni, ma agli ambiti più diversi, compresi gli organi di informazione. Recenti e gravi casi di cronaca che hanno visto vittime di violenze ragazze appena maggiorenni devono far riflettere: inaccettabile che passi, anche solo sottotraccia, il messaggio becero e superficiale “Vabbè…, se l’è cercata”, quasi a fornire una sorta di giustificazione. No, la condanna deve essere ferma e senza appello, sempre. Le cifre ufficiali sul fenomeno della violenza sulle donne sono già allarmanti. A questo si aggiungono i dati ufficiosi, quel sommerso mai denunciato, spesso per paura, che rende il quadro ancor più cupo».

“L’Amore rubato” (Anthos produzioni, Rai Cinema, ICCREA Banca, con il sostegno del Mibact) è un film al quale è stato riconosciuto un profondo valore culturale e da quattro anni è proiettato ininterrottamente in cineforum, scuole, istituti impegnati nella difesa delle donne e dei bambini e in occasione di eventi e giornate di sensibilizzazione su un tema così delicato.
«Se c’è violenza di qualsiasi genere, fisica, verbale o morale, non c’è amore. Ho fatto il possibile per dare il mio contributo alla causa e credo di aver colto l’obiettivo – riprende Braschi -. Grazie all’intensità delle storie raccolte da Dacia Maraini e a un cast semplicemente eccezionale, che ha sposato il progetto per il grande desiderio di essere parte di un messaggio ben preciso da lanciare al pubblico».

Nel cast attori del calibro di Elena Sofia Ricci, Massimo Poggio, Alessandro Preziosi, Antonello Fassari, Stefania Rocca, Chiara Mastalli, Emilio Solfrizzi, Antonio Catania, Daniela Poggi, Cecilia Dazzi, Gabriella Pession.
«Interpreti straordinari, professionisti di altissimo livello – continua Braschi -. Le racconto questo aneddoto che la dice lunga su quanta passione abbiano dedicato al film: con Gabriella Pession abbiamo girato le scene il martedì, ma la cosa curiosa è che lei si era sposata un paio di giorni prima, il sabato, e non ha esitato a mettere i festeggiamenti in secondo piano pur di recitare la sua parte».

L’impegno civile e sociale è fil rouge anche di suoi nuovi progetti. Tra marzo e aprile l’Istituto Luce - Cinecittà sarà in distribuzione con il DVD del suo lungometraggio “L’uomo che visse tre volte”.
«Sì, è un film che ho girato tra il 2018 e il 2019 e che, purtroppo, come tante altre cose, ha subìto un brusco rallentamento nella promozione a causa della pandemia. Il film ripercorre le tre vite di Mario Pirani: giornalista e fondatore, insieme a Eugenio Scalfari, del quotidiano “La Repubblica”. Ma prima di essere giornalista, Pirani, di origini ebraiche e vittima delle leggi razziali, fu funzionario del PCI togliattiano e dirigente ENI durante la gestione di Enrico Mattei. Il docufilm è un viaggio onirico attraverso due terzi della storia del secolo scorso: un itinerario ripercorso con la voce e l’interpretazione di uno straordinario Neri Marcorè sulla colonna sonora composta da un altro grande autore, Nicola Piovani, con il quale avevo già lavorato nel 2009 in “I Believe in Miracles”, progetto nato e sviluppato sul set del film “Miracolo a Sant’Anna” di Spike Lee e incentrato sull’eccidio di Sant’Anna di Stazzema».

Atmosfere sociali, culturali e di impegno civile che si respirano anche nei Parchi Letterari… «Assolutamente sì e la rete dei Parchi Letterari è una splendida occasione per visitare territori che sono spesso lontani dai classici circuiti di massa, per conoscere gli autori che da quei contesti hanno tratto ispirazione e per diffondere i valori della cultura, quelli indispensabili a nutrire una coscienza critica di cui la nostra società ha proprio tanto bisogno».

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