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Dopo La Pioggia di Chiara Mezzalama presentato al Premio Strega 2021 da Jhumpa Lahiri

25 Febbraio 2021
Dopo La Pioggia di Chiara Mezzalama presentato al Premio Strega 2021 da Jhumpa Lahiri
Chiara Mezzalama, racconta nel suo libro, appena uscito per i tipi Edizioni E/o, come si balla sull’orlo del baratro. Intervista di Ginevra Sanfelice Lilli per la sua rubrica A Piedi Nudi nei Parchi

Attenzione: per utilizzare le parole della scrittrice Chiara Mezzalama o meglio ascoltando la voce di uno dei personaggi-chiave del suo Dopo la pioggia, (Edizioni e/o 2021, presentato al Premio Strega da Jhumpa Lahiri) questa non è una storia qualunque, non è una “una piccola e ridicola tragedia borghese” bensì un viaggio ripido e intenso che ci riguarda nel profondo.
Con parole dense e precise, sullo sfondo di una Roma odierna in disfacimento, nei suoi colori forti, nelle sue bellezze e incongruenze, al centro del romanzo c’è la vita di una coppia in crisi per un tradimento di Ettore, il marito, nei confronti di Elena, la moglie (che cerca di trovare un senso alle sue scelte, e a quelle di Ettore che a lei preferisce una giovane collega di lavoro, Claudia).
Due figli, una famiglia in bilico, le storie parallele di due vite in crisi e una trama che si snoda avidamente su di sé, a catturarci con la precisione di scene, di fotogrammi concatenati in velocità in un racconto vivido e sensuale. Con le citazioni di brani musicali, che l’autrice inserisce lungo la narrazione, nasce una autentica colonna sonora che ci accompagna lungo tutto il romanzo.

Dopo la pioggia
non è solo un romanzo ‘cittadino’: nel momento in cui la trama ci porta fuori Roma, inizia a piovere. I personaggi si trovano al centro di un cataclisma, di un disastro ecologico, ed è mentre gli elementi si scatenano che tutto ritroverà un altro equilibrio. Più giusto. Più sano. Più vero per ciascuno.

Chiara Mezzalama
è nata a Roma e si è formata in un ambiente internazionale per motivi familiari e di scelte personali che l’hanno portata a vivere a Parigi da qualche anno dove scrive e insegna. La incontriamo a Roma, a via Giulia, per chiederle di raccontarsi.

Chiara a che età hai iniziato a scrivere e a partire da quando la scrittura ha reclamato un posto centrale nella tua vita?

Ho scritto un romanzo d’avventura a 10 anni sul retro dei dispacci di France Presse quando ero a Teheran e mi annoiavo. Poi un diario segreto su un amore non corrisposto. Poi delle poesie (credo che proprio a quell’epoca risalgano i nostri desideri di essere scrittrici e poete). Il primo romanzo quando avevo 23 anni, poi un altro a 25… sono ancora nel cassetto, e forse è bene che restino!
Nel frattempo studiavo psicologia, mi sono laureata, ho iniziato a lavorare. Ho pubblicato una raccolta di racconti nel 2002, l’editore, Vincenzo, era un mio vicino di casa. Nel 2005 mi sono sposata, ho avuto due figli. Poteva finire così. No, non poteva finire così perché la scrittura non voleva saperne di abbandonarmi.
Ho scritto un altro romanzo nei ritagli di tempo, come spesso accade alle donne. È stato pubblicato nel 2009 dalla casa editrice E/O. Così la scrittura si è «allargata», fino a reclamare un posto centrale nella mia vita. Sono andata a vivere a Parigi per questo, è stata una scelta difficile, radicale. Posso dire oggi, con l’uscita di questo terzo romanzo, che è stata una delle scelte più giuste della mia vita.

Quanto della tua vita è entrato nella stesura di questo tuo ultimo romanzo? Si può parlare di un romanzo per alcuni versi autobiografico?

La vita ci entra sempre e non c’entra mai. Questa faccenda dell’autobiografia è un bel grattacapo e non capisco perché sia considerata oggi così importante. Scusa se rispondo così ma l’autobiografia non è il punto centrale del romanzo. È un romanzo che narra delle vicende, ci sono dei personaggi, c’è una trama, c’è un contesto climatico di emergenza. È una storia. L’importante è che la storia stia in piedi, che sia coinvolgente, e soprattutto scritta bene (ho fatto del mio meglio!).
La letteratura è uno spazio di libertà, e voler per forza legarla alla realtà ne limita secondo me il potenziale dirompente. Viviamo in un tempo in cui l’artista è più importante della sua opera, la scrittrice deve essere un personaggio. Ecco, per me questa è una rovina.

E come si differenzia nel tuo sentire dagli altri romanzi che hai prodotto? Com’è cambiata la Chiara-autrice dalle prime volte in cui ti sei affacciata al mondo in questa veste? Scrivere questo romanzo ha portato in te qualche cambiamento?
Più vai avanti con gli anni, più la vita ti segna, ti maltratta. In più stiamo attraversando un grave momento di crisi ecologica, sociale, sanitaria. In questo romanzo, Dopo la pioggia, ho voluto raccontare come si balla sull’orlo del baratro: le paure, i fallimenti, gli sconvolgimenti, ma anche la resistenza, le occasioni, il coraggio. Dobbiamo cambiare il nostro modo di guardare il mondo, riconnetterci con la natura e gli uni con le altre, prenderci cura di ciò che abbiamo rovinato, in parte distrutto, riparare le ferite.
Mi sembra che questo abbia molto a che fare con la missione dei Parchi letterari. Non sembra anche a te?
Grazie delle tue domande.

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