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Ernst Bernhard. Conversazioni sull'ebraismo. Introduzione*

21 Gennaio 2021
Ernst Bernhard. Conversazioni sull'ebraismo. Introduzione*
Luciana Marinangeli regala a ParkTime Magazine un prezioso passaggio delle "Conversazioni sull'ebraismo" con Ernst Bernhard. Le ultime parole del grande psicoanalista che aprì alla cultura italiana degli anni '40-'60 gli orizzonti della cultura europea

Le ultime parole di un saggio. Un messaggio di intelligenza e di speranza di respiro europeo

"Il professore Alessandro Orlandi,
La Lepre Edizioni**

Caro Alessandro , 
Ti mando il contributo che Stanislao de Marsanich mi ha chiesto per i Parchi Letterari. Io sono molto lieta di contribuire a questa impresa che penso utilissima e appropriata per il nostro tempo. Si tratta di un passaggio delle  conversazioni con Ernst Bernhard, il grande psicoanalista collega e continuatore di Jung del quale, portò il pensiero nel nostro paese tra gli anni 40 e gli anni 60 aprendo alla limitata cultura italiana di allora i grandi orizzonti della cultura europea. Queste pagine sono la registrazione delle ultime parole di quest'uomo illuminato e  sereno, e indicano una strada diversa dalla continua contrapposizione tra fratelli nemici nella quale abbiamo continuiamo a cadere fino adesso, 

 Luciana Marinangeli
Roma lì 20 gennaio 2021"

Ernst Bernhard. Conversazioni sull'ebraismo.

Introduzione *

Come possiamo vedere una molla d’acciaio che una forza soverchiante aveva schiacciato fino al suolo all’improvviso balzare più in alto di prima, così fra il 1923 e il 1929 la Germania che il mondo intero aveva visto annientata dalla sconfitta della prima guerra mondiale si riscuote e come risvegliandosi in un fresco mattino si volge come un girasole verso il sole di un futuro di euforia economica e di creatività. 
 Il dopoguerra ha cambiato completamente il volto dell’epoca: nelle case sono entrate l’acqua corrente e l’ elettricità e con esse comodità e il sollievo psicologico della luminosità, le donne che si sono liberate del busto ora accorciano definitivamente i capelli e le gonne- non si può correre a prendere il tram con la lunga gonna stretta in fondo dal nastro dell’entrave, le donne fino allora rinchiuse nel trittico “bambini, casa e chiesa” e che adesso da quella casa possono uscire , e prendere il tram per andare non solo in chiesa ma anche a partecipare alla vita pubblica. 

Spira la dolce aura di un nuovo umanesimo, una voglia di vivere e soprattutto di innovare , una cultura del lieto vivere che si esprime nel propagarsi prodigioso della radio e del cinema, dei teatri e dei cabaret, i celebri allegrissimi audaci Kabaretten di Berlino. Ecco i giovani architetti della Bauhaus , la più importante scuola di architettura moderna in Europa, che accolgono a pieno titolo la nuova tecnica del cemento armato e dell’acciaio , e amano le grandi finestre a fascia piene di luce e fanno collaborare arte e industria, creando l’industrial design e la retorica artigianale: è una della Bauhaus la giovane architetta che inventa un tipo di lampada snodabile come un sinuoso piccolo serpente, un modello di lampada divenuto un classico riprodotto dovunque fino ai giorni nostri, e quanto è importante l’ambiente materiale in cui viviamo, la luce, la possibilità di contatto con l’esterno, gli oggetti dell’arredamento che se sono belli sono degli amici perché ci aiutano a vivere - la bellezza anche materiale salva la voglia di vivere. 
 Ecco i giovani Wandervoegel (“Uccelli Migratori”), questi precursori degli hippies degli anni ’60, con il loro culto della vita naturale ; essi si riuniscono in gruppi, praticano la vita collettiva e traversano cantando la Germania da un antico castello a un altro, sognando di ritrovare un ipotetico medioevo romantico e gentile e danzando seminudi nella natura .

Anche la condizione sociale degli ebrei sembrava avvantaggiata da questa apertura al nuovo. Sembra passato un secolo, eppure sono pochi decenni, da quando il giovane Freud ha dovuto vedere suo padre insultato da un tedesco antisemita e fatto scendere dal marciapiedi su cui stava camminando- ma già allora Freud rimprovera al padre di essersi piegato e di non aver reagito. Verso la fine degli anni Venti gli ebrei sono leali alla Germania, sono assimilati e relativamente benestanti, prestano servizio nell’esercito tedesco e portano il loro contributo nel mondo delle scienze, degli affari e della cultura. 

 Anche Ernst Bernhard , nome tedesco per Hajiim Menahem, ”conforto della vita” nato a Berlino nel 1896 , figlio di un medico affermato con antenati rabbini e chassidim che vive in una casa di dieci stanze nel quartiere dell’alta borghesia protestante di Berlino, è bene integrato e partecipe dello slancio pieno di speranza e di esplosiva energia di quel periodo; se, giovane brillante ed elegante - resterà sempre molto soigné, col fazzoletto al taschino e un memorabile gilè damascato- un tocco frivolo lo rendeva adorabilmente umano- ha frequentato i cinematografi, i teatri e i brillanti cabaret berlinesi con quegli straordinari comici ebrei, che un giorno avranno un terribile destino, e nel 1915-18 si offre come volontario partecipando alla prima guerra mondiale durante la quale farà attività politica come sionista socialista con il suo reggimento. 

 E’ allora che da casa qualcuno gli manda i libri di Martin Buber, che lo segnerà profondamente con la sua visione diversa, più interiore, moderna, dell’ebraismo, lontano dal formalismo soffocante della comunità israelitica di Berlino E’ probabile che quei libri fossero le “Storie di Rabbi Nachman,” i racconti su Rabbi Nachman di Breslavia, del 1906, oppure la “Storia del Baalshem”, il fondatore del chassidismo, del 1908. Tra Bernhard e Buber molte le affinità: a partire dalla terra ancestrale, che è la stessa di Freud, la Galizia , sia Bernhard che Buber hanno un nonno per loro importante, molto religioso ; Bernhard come Buber ha una crisi religiosa che lo porta al laicismo, come Buber si interessa al chassidismo della sua infanzia presso quel suo nonno così dolce e pio, come Buber – e Jung- è attratto dai pensatori mistici- Buber da Paracelso e Bernhard dal misterioso autore del “Pimandro” che legge nel suo nascondiglio nel 1943 durante l’occupazione tedesca; Bernhard come Buber fa trasposizioni moderne di testi della Bibbia , Bernhard con maggiore disinvoltura con il Cantico dei Cantici e soprattutto con i Salmi; Bernhard come Buber è membro attivo del sionismo di Theodor Herzl, da cui entrambi si allontanano quando realizzano che le spinte del sionismo di Herzl sono nazionaliste e politiche e non religiose e culturali; Bernhard e Buber hanno lo stesso interesse per la pedagogia.

Li differenzia fortemente l’anno di nascita, l’orizzonte culturale dei loro tempi: Buber è del 1878, Bernhard del 1896, l’anno in cui finisce la grande depressione e sbocca dovunque un’impetuosa corrente di modernità: Guglielmo Marconi annuncia il suo sistema ricetrasmettitore, Roetgen scopre i raggi X, in Grecia si svolgono i Primi Giochi Olimpici dell’era moderna, Henri Ford porta a spasso la sua prima Ford per le strade di Detroit; debutta “ Così parlò Zarahustra”; in Alaska si scopre l’oro; spunta il Down Jones; nascono i futuri contestatori delle arti, Antonin Artaud, André Breton, André Masson, Alfred Jarry, i nuovi psicoanalisti, Michael Balint, Donald Winnicot, che condivide con Bernhard e Célestin Freinet l’interesse per i bambini; nascono Barry Scott Fitzgerald , Tina Modotti, Eugenio Montale, e l’esperantista Bruno Migliorini… Un fuoco nelle vene, una fiducia in se e nelle prospettive del mondo

Educato nella cultura tedesca , nella luce di Goethe , di Schiller, di Hegel, di Wilhelm Humboldt e di Stefan George Bernhard , che durante l’adolescenza è stato uno di quei romantici Wandervoegel alla ricerca dell’innocenza naturale, della vicinanza serena a una semplicità originaria- nel sogno iniziale con cui si presenta a Jung, come vedremo, c’è un Puer completamente nudo coronato di foglie che si tiene in piedi su un cerchio di pianeti - quando lavora nella clinica pediatrica di Berlino pediatra aveva cercato nell’analisi freudiana e poi negli scritti di Jung una risposta alla sua inquietudine di uomo originale, avverso alla mentalità collettiva, in cerca come Spinoza di un Dio diverso che lo aveva portato a dichiarare il suo distacco dall’ebraismo ufficiale , anche se si farà seppellire con il manto rabbinico. 

Fino al 1935 ha potuto lavorare in Germania come pediatra e come psicoanalista freudiano allievo di Rado e di Fenichel, due della cerchia diretta di Freud- perché ha combattuto come volontario in Francia ricevendo la croce di ferro al merito, ma già nel 1933 con l’avvento di Hitler il vecchio antisemitismo diventa dottrina di stato, nel 1934 viene aperto il primo lager a Dachau e le cose si fanno sempre pià pesanti. Bernhard sa di dover lasciare il suo paese; non ha più lavoro sia come pediatra che come freudiano né si sente più a suo agio nel riduttivismo e nel pessimismo di Freud. Dirà, come vedremo:

”Freud e Adler hanno assolutamente rimosso quella che io chiamo la religiosità, o chiamiamola il Sé, il grande inconscio positivo che guida, mentre per loro l’inconscio era solamente rimozione di idee non possibili o imbroglio e messa in scena per reazione: un completo malinteso. Anche per questo sono rimasti nella psicologia egoica, hanno fatto tutto con l’Io e naturalmente non si esce mai dal moralismo. Senza un atteggiamento religioso non si può guarire perché dell’Io non si può vivere. L’io è sempre un’inflazione”.

Si reca allora in Svizzera , a Zurigo, per parlare con Jung e chiedergli di aiutarlo a esercitare come psicoterapeuta nel paese; ma il loro rapporto è subito difficile e così resterà a lungo nonostante un certo riavvicinamento intorno al 1950, quando Jung deve scrivere il suo libro sulla sincronicità e chiede a Bernhard di aiutarlo fornendogli dei gruppi di date di nascita di coppie i cui oroscopi comparati verranno valutati statisticamente da un esperto matematico. Le loro sono due tipologie troppo diverse: Jung si mostra subito diffidente, critico, oppositivo, Bernhard suscettibile e subito offeso; Jung è interessato a creare un sistema ideologico in cui la divinità e la natura sono buone e malvagie in uguale misura – impressionante la sua risposta di Dio a Giobbe , dove la divinità rivela la sua amoralità , la sua schiacciante incomprensibile ingiustizia che non si cale dei giudizi umani , Bernhard invece, chassidim nel cuore, crede con Buber che la vita è relazione, cerca dovunque, in ogni Tu, il Dio nascosto e la specificità di ogni destino individuale come un pezzo del Sé, del grande Tutto. Jung è ruvido, pagano, contadino, pensa che ogni uomo è un lupo per l’altro uomo, a volte parla con pochi riguardi per l’interlocutore , come appare non poche volte leggendo le sue lettere complete- terribile la spietatezza della sua brevissima risposta alla lettera della desolata povera madre di un bambino malato di mente che gli ha scritto chiedendogli un perchè e una consolazione- ma anche Freud diceva di odiare i pazzi . La edulcorata memoria dei “Ricordi, sogni, riflessioni” è stata come è noto ripulita da Aniela Jaffé. Proprio nel periodo in cui Bernhard lo incontra Jung ha simpatie filonaziste di cui in seguito si pentirà, non solo confessandole dopo la guerra a Gershom Scholem (1)   che lo ha implorato di dirgli la verità: 

“Ja, sono scivolato”, anzi cambiando opinione di fronte alle atrocità di Hitler fino ad aderire alle proposte dei servizi segreti americani con i quali collabora negli ultimi anni del conflitto come informatore fornendo i preziosi ritratti psicologici dei signori della guerra di allora, Hitler, Mussolini, Stalin, Churchill, e Giorgio VI d’Inghilterra. Era un aspetto della guerra delle intelligence tedesche e inglesi nella quale sia Churchill che Goering usarono anche l’arma dei pronostici astrologici dei rispettivi cultori , con gli astrologi inglesi usati per indovinare le mosse di quelli tedeschi che facevano altrettanto, come i potenti di ogni tempo conoscendone l’ utilità strategica Anche Bernhard nel 1940 e 41 studia le carte del cielo di quei personaggi nella solitudine del campo di internamento di Ferramonti, e forse quei ritratti sono arrivati a Jung tramite conoscenti svizzeri comuni. (2)

Bernhard è candido, fiducioso in una Divina Provvidenza sempre benefica, che “sa quello che è buono per noi anche se noi non lo capiamo”( ). Jung trova Bernhard troppo ingenuo, gli dice che ogni uomo è lupo per l’altro uomo, Bernhard si sente offeso nei valori che più gli stanno a cuore, e nel suo diario aggiunge a quell’ ”homo hominis lupus” di Jung il suo: “deus autem”, dio però: “Dio però è il protettore, il medico, l’amore dell’uomo, la speranza, l’aiuto, la liberazione”( ).

Questa fiducia lo sosterrà nel campo di internamento fascista di Ferramonti in Calabria dove viene rinchiuso nel 1940 e da cui verrà salvato da Giuseppe Tucci, l’archeologo che pure aveva firmato per opportunismo il manifesto della razza ma che segretamente aiutava gli ebrei.
Tornato a Roma, dopo un periodo in cui ha dovuto nascondersi fino alla Liberazione in una stanza segreta nel suo stesso palazzo perché i tedeschi lo cercano e che utilizza per studiare e completare la sua visione del mondo, Bernhard riprende il suo lavoro di psicoterapeuta circondato da un’alone di mistero e di magia diventando la guida di molte personalità della cultura italiana e straniera del dopoguerra, da Adriano Olivetti a Natalia Ginzburg, da Amelia e Silvia Rosselli a Luciano Foa a Bobi Bazlen a Federico Fellini a Vittorio De Seta a Edoardo Weiss a Erich Neumann al grande poeta americano Allen Tate erede di Eliot, a Konrad Wachsmann, compagno di Gropius nell’architettura moderna in Italia, a innumerevoli personalità del mondo culturale e politico del tempo. 

Oggi si riconosce a Bernhard, più che la creazione di una scuola, estranea al suo forte individualismo, una statura culturale unica, un ruolo potente forse proprio perché semisotterraneo di pioniere nell’apertura di orizzonti fino allora estranei al mondo conservatore dell’Italia fascista e democristiana, e anche nell’ebraismo un esempio di coraggio intellettuale e di anticonformismo.

Bernhard aveva visto molto presto la possibilità della conciliazione tra ebraismo e cattolicesimo nel riconoscimento della radice comune: il fatto reale che Gesù era un ebreo. E non solo su questo argomento tra l’aprile e il giugno 1965 dettò da vero raro maestro orale, in uno stile più intuitivo che razionale, le conclusioni sulla sua visione del mondo e sulla sua vita in lunghe conversazioni in vero stile chassidim con quattro allievi, Hélène Erba-Tissot, Tom Carini, Ivan Vandor e Silvia Rosselli, sua interlocutrice preferita , che le registrarono e sulle quali la Erba-Tissot fece la sua scelta pubblicata poi da Adelphi con il titolo di “Mitobiografia”. 

Tra l’aprile e il giugno 1965, nel suo studio divenuto camera di malato nella casa di via Gregoriana alta sui tetti e le cupole barocche di Roma , Bernhard faceva allora il punto finale delle sue riflessioni e delle sue scoperte nel campo della psicologia, della religione e della concezione del mondo, seguendo il suo interesse principale: “ come poter evitare la psicosi collettiva, questa pazzia della civiltà specie attuale”, la cupezza della visione del mondo europea, e in particolare germanica, con il suo culto della vendetta. “La disumanità della nostra civiltà dipende dal carattere patriarcale della nostra civiltà e di tutto il mondo, contro il quale certo ci sono delle voci dappertutto qua e là, ma oggi sono ancora quasi assolutamente impotenti di fronte a questa soverchiante impostazione paterna, spirituale, tecnica, crudele, non umana, disumana”.

Per Bernhard occorre un grande spostamento del punto di vista collettivo, occorre che i popoli divengano coscienti dei loro diversi miti fondanti ormai anacronistici cui continuano proprio perché inconsci a obbedire, occorre ritirare le proiezioni di cattiveria e aggressività fuori di sè, occorre un sincretismo cosciente dei valori reciproci.Non tanto un sincretismo di dottrine ma un prendere coscienza che siamo tutti maglie della stessa immensa rete, quella che Lucio Fontana già negli anni 40 voleva mostrare bucando verso l’infinito lo spazio conosciuto delle sue tele, quella del Tao che riempie le vallate del mondo.

I vari miti, “ i sogni iniziali dei popoli”, devono assimilarsi tra loro e prima occorre farsene coscienti; le differenziazioni di civiltà – la contrapposizione tra la Grande Madre Mediterranea, con i suoi valori di pazienza, di mitezza, di accoglienza, con il suo lato negativo di irrazionalità ed egoismo individuale, e il Dio nibelungico che chiede rigore, efficienza ed autodisciplina, con il suo lato inconscio negativo di coazione alla lotta e alla vendetta – questa contrapposizione frontale perché inconscia è ormai superflua in “questa éra di livellazione dovuta alla enorme facilità e quantità di comunicazioni “.(Bernhard parla nel 1965!).

Anche nell’ebraismo il mito è cambiato: il vecchio ulivo, la vecchia concezione, sta germogliando in nuovi getti, che non sono la costituzione di uno stato sionista, lo stato di Israele, cui Bernhard è decisamente contrario, perchè si tratta di una affermazione esterna, di un valore materiale, ma una nuova interpretazione, stavolta cosciente, dell’antica veste del popolo ebraico: il popolo ebraico secondo Bernhard è il prezioso affidatario di un valore spirituale universale, l’amore divino per l’uomo : questo il popolo ebraico ha da dire al mondo, è questa la sua vocazione così speciale- l’ebraismo non ha mai fatto guerre di religione e non è missionario. La sua vocazione non è occupare terre ed erigere roccaforti , l’ebreo discende dal beduino arabo, nomade, mosso a un perpetuo andare dal suo mito, la ricerca del paradiso, il beduino del deserto una volta inurbatosi cresce materialmente troppo e troppo bene , e viene per questo ricacciato nel deserto, espulso dal paradiso, per andarne di nuovo alla ricerca , nella continua questua da un paese all’altro di una nuova patria , senza capire che la nuova patria è piuttosto un nuovo stile di vita, un nuovo insegnamento , quello degli antichi chassidim, da trasmettere al mondo.

“Propagare, insegnare l’amore divino, l’amore di Dio per l’uomo. Stranamente tra i popoli dispersi sono stati i cristiani, in quanto rappresentanti degli ebrei, gli effettivi propagatori dell'amore di Dio. Il nocciolo del cristianesimo, la grande idea monoteistica dell’amore di Dio per l’uomo è ebraica. La scissione operata da Paolo che ha fondato la chiesa cristiana in contrapposizione all’ebraismo dovrebbe adesso arrivare ad una sintesi”. 

Il bisogno centrale di Bernhard, di alleggerire le drammaticità, di conciliare gli opposti, sogno di tutti gli uomini illuminati e generosi, la sua ricerca della serenità nonostante tutti i drammi personali e collettivi - il padre schizofrenico che lo picchiava a morte ed è poi finito ad Auschwitz , la madre e il fratello suicidi, la persecuzione, l’espulsione dalla Germania, la prigionia, la morte di entrambi i figli, le critiche e le incomprensioni in campo professionale, la difficoltà di essere accettato in quanto “uomo insolito che si occupa di cose insolite”, di ribelle sabotatore in strenua difesa della sua unicità, della sua novità come individuo - novità che implicava così spesso una disobbedienza a qualche norma collettiva, un essere espulso dalla struttura collettiva di turno – la sua ricerca di serenità, si diceva, lo ha riavvicinato ai dolci antenati chassidim e alla loro speciale capacità di gioia, così da volerne passare alla fedele allieva Silvia Rosselli la visione del mondo delineata da Gershom Scholem riportata in questo libro. E forse sempre cercando la serenità ha ripreso la teoria dei due Messia, il Messia figlio di David e il Messia figlio di Giuseppe, dove solo uno dei due muore sulla croce.

Di questo bisogno di Bernhard di affermare comunque la presenza del Dio buono nell’evolvere dei miti è testimonianza anche la sua rilettura dei Salmi biblici di cui abbiamo qui un saggio, dove ogni accenno di invito alla vendetta sul nemico è abolito e la vera realtà divina è l’amore di Dio per l’uomo, la protezione divina. Ne diamo qui un esempio nel Salmo 8, il suo preferito assieme al 19, 20, 22, 23, 77,126,139, e al Cantico dei Cantici . Se il Dio è buono possiamo fiduciosamente “ accettare tutto ciò che “è”, da cui nulla è da escludere”; “l’unica via che ci porti alla liberazione, che ci affranchi da falsa costrizione e ci conduca a uniformarci alla vera volontà di Dio, consiste appunto in tutto ciò che “è”, da cui nulla è da escludere”.

Appunto non escludendo nulla, Bernhard, giunto alla fine della sua vita, parla liberamente di sè, delle sue esperienze, del suo pensiero, con un’audacia che non teme di mostrarsi nella sua eterodossia e nei suoi lati di Ombra- così vistosamente proiettata sullo stesso Jung, e ugualmente vistosamente ricambiata-, anche nelle imprecisioni di nomi e fatti, “tenterei di far battere a macchina queste cose, così grezze e imperfette come sono, con tutte queste lacune e deficienze”, sperando di “poi farne una cosa almeno più concentrata e più chiara”.

Il suo rifiuto, o l’ impossibilità in vari momenti per il suo carattere, di esporre in modo ordinato, razionale quello che voleva trasmettere e con prove che non fossero solo affermazioni personali o riferimenti ai suoi straordinari sogni ebraici , da cui riceve ispirazione come un personaggio della Bibbia, il riferimento asistematico ai suoi pensieri , alle sue emozioni, a personaggi ed eventi della sua vita avevano messo già a dura prova il lavoro di editing della “Mitobiografia” raccolta a suo tempo dalla Erba-Tissot, e non è stato meno difficoltoso nella presente collazione del materiale sull’ebraismo del maestro. Egli si è dimostrato un ribelle fino alla fine, anche orgoglioso di sè, come lo era da ragazzo: “io sono Ismaele, un ribelle, non sono Isacco, non sono buono come lui; sono piuttosto Esaù e non Giacobbe”; “un intuitivo con sentimento”, come si definisce lui stessso, più a suo agio nel racconto e nella poesia che nel rigore scientifico, e soprattutto nel dialogo con un interlocutore reale , un paziente, un allievo particolarmente affine, che gli dà la possibilità di rivelarsi nella sua specificità di raro, vero, maestro orale.

Ai discepoli, agli epigoni, l’arduo compito di conservare la memoria delle sue parole, di riordinarle in forma scritta e in un italiano comprensibile, impresa resa difficile dall’andamento rapsodico, estemporaneo, per analogie, del suo insegnamento e negli ultimi tempi dalla debolezza della malattia e dell’età. “La mia ultima decisione è di raccontare qualcosa di me e farlo scrivere dagli altri…l’opus della mia vita non consiste in un libro, l’opus della mia vita è la realizzazione della mia esistenza individuale”. 

Hélène Erba-Tissot poté raccogliere gran parte della testimonianza del maestro nella fondamentale edizione Adelphi del 1969 (3) . Negli ultimi anni grazie a Silvia Rosselli sono riemersi i vecchissimi nastri Geloso del 1965, molto deteriorati ma che è stato possibile restaurare nella quasi integrità e trascrivere in cartaceo, che contengono le conversazioni di Bernhard di cui in grande parte si servì la Erba-Tissot - mentre qui sono raccolti i brani specifici sull’ebraismo là accennati o diversamente sviluppati - con quattro allievi tra l’aprile e il 29 giugno 1965 – data della sua morte - dove, come sintetizza la Rosselli, “Bernhard parla dei suoi sogni, delle sue interpretazioni e fa il punto finale delle sue riflessioni e delle sue scoperte nel campo della psicologia, della religione e della concezione del mondo”, offrendoci in eredità la sua fiducia in quella unica realtà, l’amore di Dio per l’uomo, e una originale, salvifica proposta di conciliazione degli opposti - eterno interesse supremo di tutti gli spiriti illuminati e generosi - in particolare gli opposti espressi nel mondo specie di oggi in campo religioso e politico; raramente ci fu momento più opportuno di questo 2016, per riascoltare questa voce. Bernhard insegna a superare i miti fondanti ormai arcaici delle diverse civiltà, a non più identificarsi con questi “sogni iniziali dei popoli”, ma a vivere coscientemente i loro aspetti positivi, senza identificarsi inconsapevolmente, e soprattutto ad avvicinarsi al mito straniero, che altrettanto deve fare, fino a creare non quel sincretismo di cui la crescita rapidissima della comunicazione globale – siamo nel 1965- sta offrendo la possibilità, ma la consapevolezza comune che siamo tutti parti di una grande rete, di una unica Energia. 

Che il Grande Padre germanico, col suo mito della vendetta, esca dalla sua identificazione inconscia con un’etica nibelungica, dove il fratello ammazza il fratello e tutti si uccidono gli uni con gli altri e tutto si ripete, ne esca conservando i propri valori positivi, la lucidità, la razionalità, l’autodisciplina, e accogliendo anche i valori preziosi della Grande Madre mediterranea: la nutriente Demetra, Cibele, la capacità di accettazione umana, di riguardo, di pazienza, di amore, di valorizzazione del sentimento e della bellezza; una Grande Madre che si sia a sua volta liberata dalla tentazione minoica, arcaica, della possessività, del tenere bambino il figlio ormai adulto impedendogli di crescere alla lucidità, alla responsabilità individuale e civile, e all’indipendenza dell’adulto compiuto. 

(continua sul prossimo numero di ParkTimeMagazine)

Luciana Marinangeli

[1] cfr. Thomas B. Kirsch, The Jungians, Routledge, 2000,pagg.129-135 e 244-245.

[2] cfr. Luciana Marinangeli,  Risonanze celesti. L’aiuto dell’astrologia nella cura della psiche,Marsilio editore, Venezia 2007, pagg.1-256

[3] Ernst Bernhard, Mitobiografia,1969 ,  ristampata solo nei tardi anni ’70 da Bompiani dopo che era esaurita , grazie al  benemerito intelligente editor della RCS Evaldo Violo che ha accolse le  insistenze della sottoscritta fino allora inascoltate, quando Bernhard pareva solo un “maestro scomodo” da nascondere in un cantuccio.

*Sul prossimo numero (10 febbraio 2021): "Biografia". Di Ernst Bernhard . A cura di Luciana Marinangeli

Immagine di copertina, Ernst Bernhard . **Dalla copertina de I Ching di Ernst Bernhard a cura di Luciana Marinangeli, La Lepre ed. 2015.



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