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"Animula vagula, blandula" in memoria di Adriano

30 Dicembre 2020

So che non vedrò mai più Roma così. Che quest’anno terribile mi ha regalato emozioni estetiche inaudite. di Chiara Mezzalama

Mi sto abituando al silenzio che regna nella città eterna in questi ultimi giorni dell’anno. Le uniche voci sono quelle dei pappagalli e degli storni che a causa di un autunno mite sono ancora qui. Si radunano la sera sui pini di via dei Fori Imperiali, svolazzando rumorosi intorno alla Colonna Traiana. In queste lunghe giornate a festività ridotte, metto ordine nei libri, un’ossessione che ha un effetto calmante, quasi che tutte le ore trascorse a leggere costituissero una barriera di protezione tra me e il disordine del mondo (così come quello che mi porto dentro), e i volumi sugli scaffali ne fossero i testimoni.

Non credo sia un caso il ritrovamento di una vecchia edizione di Le memorie di Adriano di Marguerite Yourcenar; le librerie, oltre alla polvere, hanno cabale e segreti. «Animula vagula, blandula…» tre parole magiche che aprono le porte di questo viaggio incredibile nella Storia. La voce lucida e poetica che l’ossessione di Yourcenar ha dato all’imperatore Adriano, risuona in me in questi giorni di vuoto e solitudine. Ritrovo la solitudine dell’imperatore, potente come un dio, nelle pietre disertate dai turisti. Sono praticamente sola davanti al Pantheon, il mio monumento romano preferito che fu per Adriano un’ossessione. La più grande cupola mai costruita fino all’invenzione del cemento armato, simbolo del genio architettonico dei romani, con quel buco in mezzo, l’oculus, da cui guardare il cielo.

Mi sposto verso il foro di Traiano, padre adottivo e predecessore di Adriano: nessun finto gladiatore, nessun gruppo con la bandierina, soltanto le amate rovine e le frasi memorabili del romanzo di Yourcenar. Torno sui miei passi e attraverso il Ponte degli Angeli fino al Mausoleo di Adriano, tomba dell’imperatore, diventato in seguito Castel Sant’Angelo. Nessuno che vende gli ombrelli malgrado la minaccia di pioggia, nessuna paccottiglia, né selfie davanti al castello.

So che non vedrò mai più Roma così. Che quest’anno terribile, scandito dalla morte, mi ha regalato emozioni estetiche inaudite. Che le rovine e i monumenti che attraversano il passato sono lo specchio del futuro, ed è per questo che è così importante custodirli. E il nuovo che verrà dovrà prendersi cura di ciò che è stato.

Foto di copertina di Chiara Mezzalama

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