L’evoluzione del sistema abitativo della campagna di Pietole
Il territorio corrispondente all’odierna Pietole è stato un territorio nel quale la cosiddetta civiltà contadina si è evoluta a partire da un’epoca antichissima. Al fine di comprendere come era organizzata la campagna di Pietole al tempo di Virgilio è necessario fare un breve excursus rispetto al paesaggio presumibilmente composto in appezzamenti, latifondi e un organizzato entro un sistema di ville romane. Ciò è attestato sia dai ritrovamenti archeologici, avvenuti in modo fortuito dagli abitanti e contadini del posto o durante lavori che verranno presentati successivamente (non sono purtroppo rintracciabili possibili scavi abusivi avvenuti nel tempo) sia da una ricerca di Telerilevamento avvenuta nel 2010 che ha fornito una mappatura del suolo attraverso l’individuazione di un articolato sistema di fondamenta di antichi insediamenti. Va precisato come le distruzioni avvenute ad opera dei francesi per la costruzione del Forte di Pietole, e della protezione del suo perimetro, abbiamo inferto un duro colpo a questo tipo di indagine. Tornando alle ville romane, esistono alcuni testi di agronomia come il De re rustica di Marco Terenzio Varrone (Rieti 116 a.C. – 27 a.C.), il De agri cultura di Marco Porcio Catone (Tusculum, 234 a.C. – Roma, 149 a.C.) e i libri di Lucio Giunio Moderato Columella (Cadice, 4 d.C. – Taranto d.C.) grazie ai quali è possibile comprendere il livello di competenze e specializzazione che i romani avevano raggiunto in questo campo. Per quel che concerne le villae romane infatti, vanno distinti due tipi diversi che potevano essere presenti a Pietole: quella rustica e quella urbana, che venivano edificate in base alla destinazione d’uso secondo il volere dell'aristocrazia fondiaria, spesso senza seguire canoni architettonici predefiniti.
La villa rustica era un fabbricato di campagna, nel quale il proprietario, che spesso risiedeva in zona, andava per controllare l’operato dei propri lavoratori e la produzione. Inizialmente era un'azienda agraria a conduzione familiare e la produzione serviva al soddisfacimento del bisogno interno. Successivamente, con l’espansione dell’Impero Romano, da una parte aumentò la forza lavoro, e l’aumento degli schiavi che venivano impiegati per questi lavori, dall’altro c’era la necessità di sfamare sempre un numero maggiore di persone e dunque le ville rustiche divennero aziende che oggi potremmo definire intensive, che producevano per scopi di natura commerciale anche verso le zone più lontane dell’Impero. Il padrone si affidava al vilicus, un vicario che gestiva le attività agricole e il personale impiegato e che alloggiava in una stanza vicino all’ingresso. Il fabbricato della villa aveva al suo interno un ampio cortile, in cui vi era una vasca (piscina) utilizzata come abbeveratoio per gli animali; un'altra vasca si trovava all'esterno della villa ed era invece adoperata per operazioni legate alla coltivazione dei campi. La villa era composta da diversi fabbricati: La Pars Dominica che era destinata alla zona residenziale, ad uso esclusivo della famiglia del proprietario e che spesso si trovava al piano superiore; la Pars Massaricia che a sua volta suddivisa nella Pars Fructuaria che era destinata alla lavorazione e trasformazione dei prodotti e nella Pars Rustica, zona destinata ai lavoratori dell'azienda agricola e agli schiavi. Tra gli ambienti presenti nella villa, si possono ricordare: l’area mensa e cucina, utilizzata anche per gli incontri; la bubilia (stalle dei buoi); la equilia (stalle dei cavalli); il gallinarium (il pollaio); il monitores, le stanze dei pastori e dei bovari, la zona del bagno e quella degli schiavi e dei sorveglianti; la cella vinaria (la cantina) con il torculum (torchio) per la spremitura dell'uva: l’horreum (i magazzini in cui erano stivati il grano e gli altri cereali); la cella olearia (i magazzini e utilizzati per la custodia delle giare con l'olio); il trapéfum, il frantoio per macinare le olive; la mola (il mulino); la villa fructuaria, che era un edificio separato per evitare incendi e altri pericoli, dove venivano stoccate le derrate alimentari; l'ergastulum, un ambiente sotterraneo, incarcerati temporaneamente gli schiavi che si erano macchiati di reati. Con la fine dell’espansione dell'Impero romano intorno al II secolo d.C. i proprietari terrieri, che non avevano più ha disposizione un flusso continuo di schiavi, cominciarono a cedere una porzione di terre ai coloni. I coloni erano uomini liberi, ma legati al proprietario secondo la formula della commendatio, cioè avevano l'obbligo di prestare servizi (corvée) e pagare canoni in cambio della protezione garantita dal latifondista.
Le villae urbanae appartenevano alla nobiltà romana ed erano ville dedicate principalmente al riposo e all’ozio e per questo situate al di fuori delle città. Vocate principalmente al lusso erano abbellite da impronte artistiche che spaziavano dagli affreschi alla statuaria, con la prerogativa di impressionare gli ospiti. Nel tempo questa tipologia di ville diventò sempre più amplia, assomigliando alle residenze cittadine. Dotate di ogni genere di comodità, erano tendenzialmente più grandi delle domus di città ed erano spesso sussistenti. Anche la vista era un fattore importante, e per questo venivano edificate in luoghi accattivanti e piacevoli, sopra le colline o lungo i litorali costieri. Le villae urbanae erano composte da: le triclinia, sale da pranzo utilizzate anche per gli incontri; le cubilia, camere da letto per la famiglia e per gli ospiti; il bagno termale (con tepidarium, frigidarium, calidarium); il peristyium, un porticato utilizzate per le passeggiate; un grande giardino, nel quale si trovava un boschetto allestito con statue e giochi d'acqua; le biblioteche, con sale di lettura; la piscina scoperta e la palestra. Tutti questi modelli costruttivi romani potrebbero dunque essere la chiave di lettura dei telerilevamenti già citati, anche se non sono da escludere insediamenti anche in epoche successive.
Incrociando quindi le risultanze dei dati archeologici del telerilevamento, che hanno fornito una mappatura dei modelli costruttivi suddivisi in singole unità insediative e a loro volta composte da più ambienti collegati o adiacenti, talvolta anche di generose dimensioni, è possibile desumere, in base anche ai sistemi di ville convenzionali romane pocanzi citate, come al tempo di Virgilio le campagne pietolesi fossero in effetti organizzate in un sistema economico strutturato vocato alla produzione agricola e all’allevamento, così come richiamato da Virgilio nelle sue Bucoliche e Georgiche.
Passando poi al periodo medioevale va segnalato che la località di Pietole viene citata in alcuni documenti già a partire dall’età matildica, come “villa” di discreta importanza; si veda ad esempio la pergamena: “1079, 8 Luglio. Matilde dona alla Canonica di S. Pietro di Mantova, a rimedio della sua anima e di quella del padre Bonifacio e della madre Beatrice, i servi e le serve con i loro beni da lei dipendenti della Villa di Pietole e del castrum di Volta”. Dei servi e delle serve viene riportato un elenco: per Pietole ne sono nominati trentacinque, per Volta trentadue. In questo contesto che riguarda le ville storiche di campagna, va ricordata la Corte Virgiliana, che forse può considerarsi come impianto almeno di ispirazione romana. Chiamata originariamente Corte di Pietole, è situata presso Andes di Pietole Vecchia, nelle vicinanze del fiume Mincio e del Mons Virgilii.
Esempio di corte rurale della famiglia Gonzaga, si presenta come un’importante struttura chiusa dalle notevoli dimensioni, sviluppata in vari corpi di fabbrica con al loro interno due ampli cortili comunicanti, con muri di cinta e torri passanti a difesa.
La Corte Virgiliana fece parte dei possedimenti dei Gonzaga sin dall’inizio della loro signoria. In occasione della dieta indetta nel 1459, fu qui che il papa Pio II Piccolomini fu accolto da Ludovico II prima del suo ingresso nella città. Francesco II fece ristrutturare ed ampliare la corte, il duca Guglielmo fece costruire delle grandi stalle, mentre il duca Ferdinando edificò ed ampliò l’intero complesso con “superbissime fabriche”. Le fonti della metà del cinquecento confermano l’esistenza all’interno di un salone detto “Sala de Virgilio” con un ciclo pittorico dedicato al poeta. Della costruzione originale oggi si possono ammirare gli ampi cortili, le imponenti stalle ed un edificio “cospicuo e solenne” della prima metà del seicento progettato dall’architetto Antonio Maria Viani.
Stefano Mangoni
Immagini:
Veduta di Mantova, della campagna e dei borghi circostanti, così come era all’epoca della sua esecuzione, intorno al 1433. Nella volta si può vedere lo stemma araldico di Giovan Francesco Gonzaga, marchese di Mantova e principe del Sacro Romano Impero.
Probabilmente eseguito dagli allievi della scuola del Pisanello (Ristorante Masseria, Mantova).
Estratto del Telerilevamento del 2010
...propter aquam, tardis ingens ubi flexibus errat Mincius et tenera praetexit harundine ripas. (Georg. III, 10-15)