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Ernst Bernhard. Conversazioni sull'ebraismo. Una risposta alla psicosi collettiva

18 Marzo 2021
Ernst Bernhard. Conversazioni sull'ebraismo. Una risposta alla psicosi collettiva
La quarta parte delle "Conversazioni sull'ebraismo" con Ernst Bernhard, a cura di Luciana Marinangeli. Le ultime parole del grande psicoanalista che aprì alla cultura italiana degli anni '40-'60 gli orizzonti della cultura europea

Pubblichiamo la quarta parte de : "Ernst Bernhard. Conversazioni sull'ebraismo. Le ultime parole di un saggio. Un messaggio di intelligenza e di speranza di respiro europeo" (leggi la prima,  la seconda e la terza parte: "Introduzione" ; "Biografia" ; "Sogni, Jung, Ferramonti" )

"Il professore Alessandro Orlandi,
La Lepre Edizioni
Caro Alessandro , 
Ti mando il contributo che Stanislao de Marsanich mi ha chiesto per i Parchi Letterari. Io sono molto lieta di contribuire a questa impresa che penso utilissima e appropriata per il nostro tempo. Si tratta di un passaggio delle  conversazioni con Ernst Bernhard, il grande psicoanalista collega e continuatore di Jung del quale, portò il pensiero nel nostro paese tra gli anni 40 e gli anni 60 aprendo alla limitata cultura italiana di allora i grandi orizzonti della cultura europea. Queste pagine sono la registrazione delle ultime parole di quest'uomo illuminato e  sereno, e indicano una strada diversa dalla continua contrapposizione tra fratelli nemici nella quale abbiamo continuiamo a cadere fino adesso, 
Luciana Marinangeli
Roma lì 20 gennaio 2021"

Ernst Bernhard. Conversazioni sull'ebraismo. Una risposta alla psicosi collettiva: assimilare consapevolmente i miti*

Sotto la veste più individuale e personale e naturalmente più vissuta e sperimentata da ogni singolo, il materiale più intenso, sotto questa veste tanto soggettiva, si trova a un tratto l’inconscio oggettivo, quanto vi è di più oggettivo e impersonale, il mitologema  o fondo mitologico con il quale il singolo può giustificare la base, il senso della sua esistenza, con il quale possiamo anche fare poi una diagnosi, una prognosi, ed eventualmente anche una proposta di terapia. O almeno, vedendo in che modo il destino umano vuole svilupparsi, vuole “guarire”, possiamo trovare ciò proprio in questa situazione tanto soggettiva. Il concetto di mitologema, o di mito individuale, e della partecipazione del singolo al mito nel quale è vissuto e del quale è rappresentante e che recita, verrà dapprima lasciato nel vago ed usato come un nome comune a diversi contenuti; per esempio componenti del conscio e dell’inconscio collettivo, motivi di famiglia, di stirpe, di civiltà, di razza, elementi karmici ,in breve fattori psichici che derivano da una radice non personale. La loro differenziazione concettuale e essenziale fa parte di ciò che si propone questo lavoro. Il quesito fondamentale si pone in questi termini: “In quale corrente mitologica o in quale punto del mito attuale si trova il singolo e quale parte del mito presenta il singolo?”. Diverse civiltà hanno determinato certe forme del mito, e certe forme del mito hanno poi creato le civiltà. La vera vita è il mondo interiore, che significa immagine, simbolo e mito.

Dovrei tentare di capire tutte le manifestazioni mitologiche in questo campo e tentare di portarmi su un mito unificato. La crisi attuale , spirituale della civiltà dipende dal fatto che c’è una notevole differenziazione che in un certo senso diventa poi più o meno superflua . Questa è una affermazione un pò ardita, però noi abbiamo già visto che i nostri ultimi anni di civiltà umana sono molto intensamente distinti dalla possibilità di comunicazione in una forma mai avuta, delle diverse” cerchie di civiltà” ( Kultur Kreise) e che una livellazione attraverso p. e. la radio, la televisione, ecc.
È  sorta in modo precipitoso e quasi incredibile, con la possibilità, ad es., di muoversi nello spazio. Ciò porta naturalmente ad una conoscenza delle diverse civiltà tra loro e ad un’enorme livellazione. In questo mio processo psicologico, si tratta non tanto di  una livellazione in campo economico e sociologico (malgrado questo fosse un problema che è stato di enorme fascino per me) e la mia aderenza al movimento del socialismo ha avuto sempre la convinzione che solo la creazione di una economia mondiale unificata e sistemata (ordinata?) può risolvere questo enorme caos nel quale la separazione di diverse unità economiche, politiche, ecc. ci ha portato. Col fatto della possibilità di scambi di idee, di capire, di vedere, ecc., il nostro sistema, chiamiamolo capitalista, dell’ultimo periodo, è assolutamente assurdo.
C’è uno spreco di energia ed un infantilismo di metodi e spiegazioni che supera veramente ciò che l’uomo potrebbe immaginare se volesse immaginare uno stato disastroso, caotico. In questo processo non si tratta tanto di un problema politico, economico, ecc., quanto di un problema religioso. E’ mia convinzione personale che il problema religioso e la penetrazione nella coscienza del significato interiore e la fenomenologia è il vero centro che vale e che dovrebbe essere definito degno dell’uomo. La caratteristica dell’uomo nella quale egli si distingue è che egli è stato sempre in sviluppo e ovviamente ora in una nuova fase di sviluppo è la presa di coscienza del senso del mondo che si trova esattamente nella forma più immediata in quello che io chiamo  il  fondo mitologico dell’esistenza umana. Dovrei tentare di capire tutte le manifestazioni mitologiche e tentare di portarmi su un mito unificato, in un certo senso. Così quando sono venuto in Italia, la domanda (è stata): “Quale mito si manifesta nella civiltà, nella storia della civiltà germanica? Quanto io posso capire la storia di una civiltà, di un popolo, di una nazione sulla base della sua mitologia? Quanto la mitologia si materializza nella storia politica, religiosa, giuridica, artistica, nella struttura sociale di una civiltà?”. Naturalmente questo esame e questa ricerca li ho fatti in primo luogo sulla civiltà e sul destino ebraico. Per me personalmente è un enorme vantaggio quello di essere ebreo. Sembrerà forse strano dire così, ma il vantaggio di essere ebreo sotto il punto di vista di capire l’umanità, Dio, l’uomo è che il popolo ebraico si trova nel momento attuale (si potrebbe dire della sua esistenza) in una situazione talmente eccezionale, talmente unica, che si presta più di ogni altra come oggetto di ricerca.
Questo strano destino ebraico al quale io ho partecipato, che è un destino talmente peculiare, talmente pronunciato, talmente diverso, talmente drammatico, talmente inaspettato, si presta secondo me, prescindendo dal fatto che io sia ebreo, e l’ho visto dai miei sogni, in maniera specifica e speciale a una diagnosi di cosa è una civiltà, cos’è lo spirito, cos’è l’uomo, cos’è Dio, cos’è il destino, cos’è la storia. Per me era caratteristico del cosiddetto mito ebraico il mito del paradiso e l’esclusione dal paradiso. E questo mito si è ripetuto, secondo me, nella storia ebraica, in quanto gli ebrei hanno sempre voluto di nuovo entrare nel paradiso e per determinati motivi, che si vedono già nella Genesi, sono sempre stati espulsi e questo ritmo di invadere, diventare sedentario, ed essere di nuovo espulso è un ritmo caratteristico del mito ebraico. Mi ha fatto grande impressione quando ho letto il (chiamiamolo così) circuito  del deserto ne “I sette Pilastri della Saggezza”, di Lawrence, dove  egli ha descritto i beduini nel deserto. I beduini a un certo punto arrivano a una iperpopolazione, di cui una parte non può essere più nutrita nel deserto. Allora questa stirpe di beduini del deserto arabico è costretta ad emigrare, ed emigrano, cioè aggrediscono e tentano di acquistare terreno nelle città vicine al deserto. D’altra parte, anche se sedotto dalle ricchezze di queste città, il vero beduino disprezza le città, disprezza abitare in case costruite. Chi non abita in una tenda è una persona da disprezzare. Però, naturalmente, loro sono stati sedotti dalla comodità di una casa. Il deserto ha espulso una parte di queste stirpi, che hanno conquistato le città intorno al deserto, e qui hanno di nuovo provocato una crisi, ora dal punto di vista economico, materiale, storico e sono stati di nuovo espulsi nel deserto. Questo è in parte il ritmo della storia ebraica, in cui vi è l’espulsione, il rientrare, l’acquistare una nuova posizione, etc. Tutto ciò corrisponde al mio destino esteriore, alla mia espulsione ed emigrazione dalla Germania, all’ arrivo in Italia.

 

Come sapete io sono stato nascosto proprio in questa stessa camera dove siamo adesso; in quest’angolo stava una radio clandestina e io ho l’ho ascoltata quasi ogni giorno, ma nessuno doveva sapere che io ero qui. Da questa radio ho ascoltato gli ultimi discorsi di Hitler, e allora, prima che Jung avesse scritto di Wotan, ho concepito da diverse piccole frasi di Hitler in che modo lui riproponeva testualmente  i mitologemi germanici. Per esempio mi ricordo ancora quando disse: “Adesso dobbiamo rompere i ponti, non possiamo più tornare indietro; adesso siamo forse perduti. Indietro non si può andare, dobbiamo distruggere questi ponti”. Nel canto dei Nibelunghi, quando i Nibelunghi si sono recati alla corte di Attila e hanno attraversato il Danubio, Hagen  aveva saputo il segreto dalle tre ninfe del Danubio, che gli avevano detto che di tutta quella gente sarebbe tornato vivo solo il cappellano, e che tutti gli altri sarebbero periti alla corte degli Unni. Quando furono sul Danubio, Hagen prese il cappellano per buttarlo nel fiume e ucciderlo, ma questi si salvò giungendo sull’altra riva e fu l’unico a rimanere vivo. Quando Hagen comprese ciò, si rese conto che la predizione era giusta. Giunti all’altra riva egli ha immediatamente distrutto la nave , ha capito che non ci sarebbe stato ritorno.

Il discorso di Hitler mi ha immediatamente ricordato questo motivo. Ero sempre imbevuto del pensiero che il mito fa la storia. Per me il problema era come poter evitare la psicosi collettiva, questa pazzia nella civiltà, specialmente in quella attuale. Ho concepito allora molto drammaticamente e con molto pathos questa frase: “Psicologi di tutti i popoli , unitevi ! ”, ripetendo il Manifesto del partito comunista. “Unitevi” per capire il mitologema. Cosa si può fare? Essere in grado di capire e rendere pubbliche le ricerche: mitologia e storia sono la stessa cosa. Non c’è veramente nient’altro da fare che tentare di portare questa cosa come materiale alla coscienza naturalmente anche degli psicologi o dei rappresentanti della spiritualità umana. C’è un piccolo punto in cui ciò diventa una valanga e allora si arriva veramente alla presa di coscienza collettiva e ad un cambiamento della sorte dell’uomo. Questo è il vero scopo delle mie ricerche. Questo il mio contributo alla storia dello spirito umano. Politicamente parlando, questa è l’unica cosa che si possa fare. In qualsiasi partito si sia, o anche alla presidenza dello Stato, l’unica cosa che si possa fare è sempre svelare queste connessioni, farle capire. Prendere coscienza per non più identificarsi con il mito, con l’inconscio collettivo.
La demitologizzazione.  Il mito sarà sempre la base della vita, in quanto l’inconscio collettivo, i mitologemi, sono  sempre la matrice della vita spirituale. Però accade una cosa molto importante: il mito cambia. Io posso sciogliere e cambiare un mito in quanto non è più vivo. Per fare un esempio molto primitivo, dopo l’arte gotica è venuto il barocco, così cambia anche il mito. Il mito cristiano è cambiato. La storia del dogma è mitologia, non è il pensiero di un uomo o del Concilio. Il Concilio è espressione di mito. Il cambiamento di mito si manifesta nell’attuale Concilio ecumenico. Se oggi per esempio si accetterà questo famoso paragrafo secondo cui gli ebrei non sono più ritenuti déicidi, questo è un cambiamento di mito. Questo non ha nulla a che fare con l’intelligenza, con la storia, con le correzioni storiche. Questi sono fenomeni, ma il grande problema, il grande cambiamento è il cambiamento del mito. Il mito è la vera essenza dell’umanità; il mito è la base della storia umana ed il mito è la base dell’esistenza singola.

Se i tedeschi possono capire dal loro mito cosa hanno proiettato sugli ebrei, se gli ebrei possono capire quanto hanno vissuto un mitologema loro in questi accaddimenti, con l’assimilazione o la creazione, allora ciò ci tira fuori dall’identificazione inconscia e possiamo arrivare a una realizzazione mitologica conscia. Il mito vive, va avanti e noi con lui. A me basta che queste mie idee facciano parte di una coscienza umana, anche di una singola. Finora ho resistito con una certa tenacia a scrivere queste  cose per quanto io sia nei momenti limpidi perfettamente conscio dell’enorme importanza di ciò. Con questo materiale si potrebbe cambiare il mondo; è vero questo, non è eccessivo.

Il mito è creativo, la fiaba no. La fiaba riassume, è natura, è un prodotto di natura, mentre nel mito c’è un contenuto di coscienza umana che è caratterizzato (determinato?) dalla civiltà .

Io vedo nelle diverse civiltà anche un processo di individuazione. Potrei parlare del processo di individuazione della civiltà ebraica. Ho parlato della situazione mitologica italiana in quanto la Grande Madre come suo centro deve essere sviluppata, resa conscia e poi automaticamente compensata dal Grande Padre.

E’ uno sviluppo verso una coscienza; anche una civiltà, non solo un individuo, ha un processo di inidviduazione. Il mito è sempre l’espressione più produtiva in tempo e in sviluppo.

I miti sono i sogni iniziali dei popoli. Per esempio nella mitologia tedesca il “Crepuscolo degli dèi” è  i fatti hitleriani dove uno si ammazza con l’altro, dove si ripete sempre la stessa cosa senza rinnovamento. Mi ha sempre attratto moltissimo il “muori e rinasci ” di Goethe, però quando ho letto Frobenius che è una personalità importante e geniale e rappresentativa tedesca, ciò che scrive in uno dei suoi libri più interessanti e cioè come lui ammira le termiti- un giorno nello Stato delle termiti, non si sa perché, c’è un enorme allarme e ad un certo momento esse distruggono sistematicamente tutto questo Stato e dopo emigrano, e poi ricreano lo stesso Stato in un altro posto- quando ho letto ciò mi si è chiarita questa distruzione tedesca dove è la vendetta che è il motivo. Nella mitologia tedesca è la vendetta.

 La propria base non si deve mai dimenticare. Nel mio sviluppo si vede che per quanto io abbia una base ebraica, io la supero. La fine del mio sviluppo è proprio lo sviluppo dell’umanità, in quanto avviene una sintesi tra ebraismo e protestantesimo,  chiesa ortodossa, chiesa cattolica, e  religioni dell’estremo Oriente.

Lo natura si ripete, come nel mito tedesco. E lo spirito umano è contra naturam, e il progresso si fa sempre contro la natura. La mera ripetizione, anche descritta da Freud, per cui noi abbiamo karmicamente la tendenza a ripetere semplicemente il passato, è senza senso, è senza spirito, mentre lo spirito non ripete, assimila.

 Questo tornare adesso indietro alle prime fonti del cristianesimo, è la stessa cosa che nell’analisi personale sono i ricordi personali. Il romanticismo è sempre alla base della nuova civiltà, come anche il fascismo è romantico, ha a che fare coi ricordi d’ infanzia. Però non si deve annegare, non si deve diventare di nuovo infantili, ma si deve assimilare, tirare fuori, capire e andare avanti. Invece di sincretismo si dovrebbe parlare di assimilazione reciproca. Ogni civiltà grande e importante è stata sempre una civiltà mista. La grande creazione è la penetrazione reciproca.

 C’è una ricorrenza anche nell’ incontro tra Oriente e Occidente; nei momenti di passaggio di fase è l’Oriente che curiosamente si rifà vivo, non soltanto perché noi sappiamo che è stato così, ma perché automaticamente lo sentiamo ritornare come motivo di successiva partenza della parte del mondo dove abitiamo. A un certo momento l’Estremo Oriente ha cominciato a svolgere attività missionaria nell’Occidente, in corrispondenza con la conquista tecnica occidentale dell’Oriente.

Ci sono tre popoli – adesso questo non è scientifico, è una mia intuizione -, tre  culture importanti che sono matriarcali, che rappresentano la Grande Madre: sono la Russia, l’India e l’Italia. La Russia si è venduta al Marxismo teorico, dove la Grande Madre è stata assimilata ad una teoria non viva; l’India ha perso il contatto con la concreta realtà: una politica di non resistenza oggi non è più possibile; gli indiani hanno potuto farlo sotto Gandhi con gli inglesi, oggi non più; gli italiani hanno perso il vero contenuto della Grande Madre nella deformazione della Chiesa cattolica, che ha preso la Grande Madre mediterranea in una forma caricaturale. La Grande Madre deve entrare di nuovo in questo momento del conflitto, come io ho descritto proprio nella psicologia italiana, come compensazione del Grande Padre. Il fatto che noi abbiamo oggi la bomba atomica, che si possono distruggere intere città come io ho visto adesso a Berlino, è una cosa talmente assurda, talmente umanamente non comprensibile, che solo la mancanza della Grande Madre, la soppressione della Grande Madre, può arrivare a un tale risultato; che non tutte le donne, tutte le madri abbiano protestato contro questo  non è comprensibile. La disumanità della nostra civiltà dipende dal carattere patriarcale della nostra civiltà e di tutto il mondo, contro il quale certo ci sono delle voci dappertutto qua e là, ma sono oggi ancora quasi assolutamente impotenti di fronte a questa soverchiante impostazione paterna, spirituale, tecnica, crudele, non umana, disumana.


Riproduzione riservata © Copyright I Parchi Letterari

*Sul prossimo numero : "L’ebraismo di Bernhard e la sua relazione con il Cristianesimo: due gemelli che si riconoscono?"  A cura di Luciana Marinangeli

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Immagine di copertina, Ernst Bernhard nel suo studio di Via Gregoriana a Roma (foto 2, Stanislao de Marsanich). Dalla copertina de I Ching di Ernst Bernhard a cura di Luciana Marinangeli, La Lepre ed. 2015.
            




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